Spia rossa accesa per il debito Usa

Quando si pensa al debito degli Stati subito vengono in mente la Grecia e a cascata Irlanda, Portogallo, Spagna senza dimenticare il fardello del debito pubblico che si porta dietro l’Italia. La crisi del debito non manca però di preoccupare anche oltreoceano. Scongiurato lo shutdown (blocco dei servizi federali) del governo americano con l’accordo dell’ultimo minuto tra Democratici e Repubblicani, la spia rossa rimane accesa a Washington con Barack Obama che dovrà cercare in qualche modo di far quadrare i preoccupanti conti pubblici della prima economia mondiale.

Prima dell’annuncio di ieri da parte del presidente Barack Obama del piano di riduzione del debito (4.000 miliardi di dollari in 12 anni), il Fondo Monetario Internazionale aveva acceso il faro sul debito Usa. Nel 2011 Usa e Giappone saranno gli unici a registrare un aumento del deficit pubblico, atteso al 10,8% del pil per gli States. Per questo serviranno ingenti interventi per il rientro del deficit e rispettare l’impegno preso a inizio mandato da Obama di dimezzare il deficit nell’arco di 4 anni. L’istituto di Washington stima la necessità di un taglio di 5 punti percentuali nei prossimi due anni in modo da farlo scendere al 5,7 nel 2013 e al 5,2 per cento nel 2014.

Percorso difficile da perseguire alla luce delle forti divisioni all’interno del Congresso Usa con i Repubblicani che spingono per più ingenti tagli previdenziali mentre non mostrano aperture riguardo a aumenti della tassazione. Situazione di grave difficoltà, con alcune previsioni che azzardano un default degli Usa a luglio, che stride con l’estensione degli sgravi fiscali dell’era Bush a tutti gli americani, decretata a fine 2010 e che comporta una perdita di 3,9 miliardi di dollari in dieci anni secondo il Tesoro americano.

La probabilità che gli Usa abbiano problemi di finanziamento del proprio debito pubblico risulta molto bassa, come rimarca lo stesso Fmi, ma il fardello del debito mette sicuramente sotto pressione i Treasury. Pimco, il più importante investitore mondiale in obbligazioni, dopo aver liquidato totalmente a febbraio i titoli di stato Usa in portafoglio, a marzo si è spinta oltre: attendendosi un nuovo declino delle quotazioni di questo tipo di strumenti ha portato in negativo per il 3% il peso legato a questo tipo di asset class. Nella pratica si è dunque posizionato short sui Treasury accrescendo le preoccupazioni per un possibile e significativo incremento del rendimento richiesto dagli investitori per finanziare gli Stati Uniti una volta che la Fed terminerà la sua politica di sostegno all’economia tramite il QE2 (in scadenza a fine giugno).