E’ ANCORA ITALIA – GERMANIA

 

Spread tra Dax e FTSE Mib TR ai massimi da marzo 2009. Per il fenomeno della mean reversion, è attesa una futura reazione da parte dell’indice nazionale.

Con un peso complessivo pari a un terzo dell’intero paniere, il comparto finanziario a Piazza Affari, con ben 12 delle 40 azioni del FTSE Mib operanti nel settore bancario o assicurativo, è il principale responsabile della progressiva e costante under performance che l’indice italiano sta registrando ormai da diversi mesi nei confronti degli altri mercati europei, Dax di Francoforte in testa. Unicredit, il cui peso nell’indice è di poco superiore al 9%, negli ultimi dodici mesi ha contribuito al -29% del FTSE Mib per 1786 punti sui 6343 complessivi, mentre Intesa Sanpaolo si è limitata ad un apporto negativo di 814 punti. Solamente questi due titoli, dunque, hanno pesato sul forte ribasso di Piazza Affari per il 40%, ovvero per 12 dei 29 punti percentuali persi dai 21967 punti a cui l’indice quotava un anno fa. Se poi ci si aggiunge l’inesorabile declino di Enel, responsabile della perdita di 1046 punti indice, ecco che più della metà della performance dell’indice è stata realizzata da soli tre titoli. Riducendo l’orizzonte temporale di osservazione alle ultime due settimane, durante le quali il FTSE Mib ha perso l’8,53% del proprio valore scivolando dai massimi segnati a 17081 punti fino ai minimi di 15624 punti della chiusura di martedì 3 aprile, è ancora una volta al comparto finanziario che vanno addossate le principali colpe. Intesa Sanpaolo (-269 punti indice), Unicredit (-258 punti) e Generali (-250 punti) hanno dunque tolto più della metà dei punti complessivamente persi dall’intero indice.Accertati i motivi per i quali il FTSE Mib non riesce a scrollarsi di dosso il peso eccessivo del comparto finanziario, che in una fase così prolungata di crisi sta subendo i maggiori contraccolpi, si comprende anche come sia possibile che in un lasso di tempo più o meno prolungato l’indice italiano sia sempre sottoperformante rispetto agli altri listini. Tra le divergenze più eclatanti che possiamo registrare c’è quella nei confronti dell’indice tedesco, nel cui paniere la composizione bancaria e finanziaria è assai ridotta e comunque inferiore a quella industriale. Analizzando l’andamento dei due indici dallo scorso 19 marzo, data in cui entrambi hanno raggiunto i propri massimi, si nota come la differenza di performance tra i due sia superiore al 6%, uno spread inequivocabilmente eccessivo su un time frame così ridotto. Allargando l’osservazione all’ultimo anno, il confronto è impietoso per l’indice di Piazza Affari, con una perdita relativa del 27%, che si riduce al 23,5% se si tiene conto del fatto che il FTSE Mib scorpora i dividendi, mentre il Dax, essendo uno dei pochi indici di performance tra quelli maggiormente capitalizzati, non lo fa.Il calcolo della correlazione tra i due indici, sui valori di chiusura dell’ultimo anno, mostra come il FTSE Mib segua il Dax con una correlazione di 0,891 e pertanto è lecito attendersi che nel breve-medio periodo ci sia una reazione da parte del nostro indice per colmare il gap. A conforto di tale aspettativa giunge un grafico comparativo puntato da un minimo rilevante, quello del 9 marzo 2009. Come si evince dalla rappresentazione grafica, ai valori di chiusura del 3 aprile il Dax aveva registrato un rialzo dell’89,12%, il FTSE Mib del 23,80% e il FTSE Mib Net Total Return un progresso pari al 34,68%. Ciò che è utile osservare è tuttavia la variazione media dei due indici a reinvestimento dei dividendi: 65,01% per il Dax e 63,81% per il FTSE Mib TR. Questo significa che per il fenomeno della mean reversion, ovvero la tendenza dei prezzi a convergere verso la loro media, è prevedibile che lo spread tra i due indici tenda a rientrare anche in maniera considerevole nel medio termine.

 Dal punto di vista operativo, la strategia di spread trading potrebbe essere perfezionata tenendo conto della correlazione tra i due indici, ma non potendo disporre del valore costantemente aggiornato è altresì possibile che si utilizzi un rapporto che prevede l’utilizzo di un controvalore di Dax pari a 2,25 volte quello impegnato sul FTSE Mib. Più semplicemente, per operare sullo spread tra i due indici in modo da impostare una strategia market neutral, ovvero che generi un profitto sia che i due listini salgano o scendano, è sufficiente utilizzare qualsiasi strumento finanziario che derivi il proprio valore dalle variazioni dei due indici. Trattandosi di una tecnica di trading che implica un elevato grado di rischio, se messa in atto sfruttando la leva finanziaria caratteristica dei futures, dei cfd o dei leverage certificates, è tuttavia necessario che l’investitore si predisponga a tale operatività valutando prima dell’apertura i margini di profitto e di perdita possibili in un determinato range, nonché l’incidenza dei costi commissionali relativi alle quattro operazioni da concludere. Volendo approfittare della duttilità e dell’assenza di margini, altrimenti richiesti dai contratti future, nei certificati leverage è possibile reperire gli strumenti adatti per impostare uno spread trading tra il Dax tedesco e il FTSE Mib italiano. All’interno dell’offerta firmata RBS sono disponibili al momento 14 Mini Long sul FTSE Mib e 7 Mini Short sul Dax, tutti con vari gradi di leva e stop loss level. Al fine di poter gestire la posizione nel medio termine è consigliabile evitare l’acquisto di certificati con livelli di stop loss troppo ravvicinati mentre per quanto riguarda le quantità da utilizzare, per effetto del rapporto 1:2,25 e dei differenti multipli, si dovranno acquistare 225 Mini Short Dax ( se la parità del certificato è 0,01) ogni 10000 Mini Long FTSE Mib ( se la parità è 0,0001).