ITALIA NEL MIRINO

Un ciclone si è abbattuto nell’ultima settimana sui mercati finanziari del nostro paese. Una selezione di certificati ad hoc per non farsi prendere dal panico

Con i primi giorni di luglio, un nuovo risvolto della crisi finanziaria che sta attanagliando il Vecchio continente ha iniziato a presentarsi agli occhi degli investitori, finora preoccupati per le vicende riguardanti Grecia e Portogallo e improvvisamente travolti da un attacco speculativo all’Italia senza precedenti. L’indicatore che aiuta a misurare il livello di tensione sul nostro sistema finanziario è il differenziale tra i rendimenti dei titoli decennali emessi dallo Stato italiano e quelli di analoga durata emessi dalla Germania. Lo spread tra il BTP e il Bund, che già dallo scorso aprile aveva iniziato a muoversi al rialzo passando dal livello di 119 punti base a circa 180, è stato protagonista di un vero e proprio rally che in sole cinque sedute ha prodotto un’impennata di oltre 120 bp. In termini più semplici, ciò vuol dire che in una sola settimana i Titoli di Stato italiani hanno registrato un aumento dei rendimenti rispetto a quelli tedeschi di oltre l’1,20%, un’enormità in un contesto obbligazionario che non riguardi Paesi in dichiarato stato di default. Quella che a prima vista potrebbe apparire una buona notizia, ossia un rendimento più elevato, implica in realtà una percezione del rischio associato alle emissioni italiane nettamente maggiore rispetto a poche settimane prima. Ma cosa è accaduto, improvvisamente, per far accendere i riflettori della speculazione sui nostri Titoli di Stato e di riflesso sulla nostra Borsa?

Le motivazioni, volendo, si potrebbero trovare nei moniti delle principali agenzie di rating, Moody’s in testa, sulla sostenibilità del rating di lungo termine; o nel rischio contagio che dopo Irlanda e Portogallo toccherebbe proprio l’Italia; o ancora nella delicata fase politica che sta attraversando il nostro Paese, alle prese con l’approvazione di una manovra finanziaria contestata e di difficile attuazione. Se si riducesse tutto a quanto dichiarato da Moody’s a più riprese nelle ultime settimane, si farebbe tuttavia un esercizio superficiale di lettura del vero e proprio attacco di cui è stata vittima l’Italia. Se da una parte non più di dieci giorni fa l’agenzia di rating statunitense ha fatto sapere ai mercati che “la gestione della crisi in Grecia è un fattore che sta influenzando in maniera importante il costo del debito pubblico italiano ed è necessario che vengano date delle pronte risposte che tolgano sfiducia e nervosismo ai mercati”, motivando così la decisione di mettere sotto stretta osservazione il rating italiano per un possibile declassamento, nelle ultime ore un parziale dietrofront è stato annunciato da Alexander Kockerbeck, vice-president di Moody’s e responsabile del rating del nostro Paese, secondo il quale “il rischio contagio per l’Italia è minimo”. Nulla di particolarmente allarmante, quindi, se ci si riferisce al rischio di un rapido diffondersi della crisi ai conti italiani. D’altronde che la situazione dell’Italia sia ben diversa da quella degli altri Paesi dell’Eurozona in reale difficoltà è evidente, sebbene sia da tenere sotto attento controllo. Prendendo, ad esempio, come riferimento l’Irlanda, da qualche ora il suo rating è stato declassato dalla stessa Moody’s a junk ( spazzatura), lo stesso livello di giudizio di Grecia e Portogallo; l’Italia è invece ancora giudicata Aa2.  Un ulteriore motivo di preoccupazione, in questi giorni, è stato il netto rialzo dello spread relativo ai Credit Default Swap a 5 anni sul debito italiano. Assicurarsi dal default dell’Italia costa oggi mediamente il 50% in più rispetto a un mese fa e il 26% in più rispetto a sette giorni prima: il livello record di oltre 340 bp raggiunto nelle ultime ore testimonia l’elevato grado di preoccupazione per la tenuta del nostro debito ma conferma anche che nonostante tutto, siamo ritenuti ancora meno rischiosi rispetto alla Spagna e all’Ungheria, rimanendo nell’Eurozona.

In questo scenario, a farne le spese sono stati i risparmiatori italiani che avevano scelto di affidarsi ai Titoli di Stato italiani e coloro che invece avevano in portafoglio degli asset azionari. La caduta su entrambi i fronti è stata fragorosa, se si guarda agli oltre 4 punti percentuali persi in una sola seduta da BTP e CCT e ai quasi 15 punti lasciati dal listino di Piazza Affari nell’arco di una sola settimana. Relativamente all’indice FTSE  Mib, dai 20227 punti della chiusura del 5 luglio ci si è ritrovati in un batter d’occhio quasi 2000 punti più giù, registrando il livello più basso dall’aprile 2009. Un affondo così violento, sull’indice italiano, ha avuto effetti immediati anche sui tanti certificati ad esso agganciati, in particolar modo su quelli con barriera. All’atto pratico, i danni in termini di barriere saltate dovrebbero essere stati limitati ad un Bonus Cap di BNP Paribas ( codice Isin NL0009421700), che prevedeva il livello barriera a 17959,99 punti, e ad un analogo certificato di Macquarie, ( codice Isin DE000MQ1X577 ), che aveva la barriera a 17605,61 punti. Diversi certificati non hanno riportato conseguenze, almeno per quanto concerne la conservazione della struttura opzionale, in virtù della natura discreta a scadenza delle barriere o per il posizionamento a livelli ancora più bassi di queste.

Ed è proprio su queste emissioni che intendiamo soffermarci in questo Approfondimento, con lo scopo di mettere in evidenza le opportunità createsi con il recente affondo dell’indice italiano. Per quanti ritengano che l’attacco speculativo all’Italia possa ancora scatenare tensioni e ribassi ma che, nello stesso tempo, non pensino siano a rischio i minimi toccati a marzo 2009, ecco una selezione di certificati ad hoc rispolverati a distanza di diversi mesi dall’ultima occasione in cui ce ne eravamo occupati. Si specifica che tutti i prezzi sono stati rilevati nella mattinata di mercoledì 13 luglio.

 

 

BONUS ALETTI – BARRIERA 7819 PUNTI

La barriera più bassa in assoluto tra tutte quelle relative al FTSE Mib è stata fissata da Banca Aletti, per il suo Bonus identificato da codice Isin IT0004459449, emesso il 9 marzo 2009. La straordinaria scelta di timing ha permesso a questo certificato di centrare il minimo toccato dall’indice italiano sul bottom di marzo 2009 e, implicitamente, di fissare la barriera a 7819 punti. Inevitabile che questo certificato sia quotato ben 142,95 euro sul mercato Sedex e che pertanto il suo profilo di rimborso sia equiparato a quello di un benchmark. Infatti, grazie all’assenza di un cap, il prodotto seguirà il sottostante all’infinito, apprezzandosi di quanto effettivamente realizzato dall’indice dai 13032 punti dello strike. Questo implica che allo stato attuale, investire su questo Bonus consente di partecipare linearmente all’eventuale rialzo dell’indice italiano fino alla scadenza del 9 marzo 2012 e di assicurarsi una rete di protezione pari all’87% del capitale investito, a condizione che, naturalmente, non venga violata la barriera. Più in particolare, qualora il FTSE Mib scendesse al di sotto dei 16290 punti, nulla cambierebbe al profilo di rimborso del certificato in virtù di un bonus di 125 euro garantito a patto che non venga violato il livello dei 7819 punti.   

 BONUS CAP BNP – BARRIERA 8405 PUNTI

Irraggiungibile sulla carta è la barriera di un Bonus Cap emesso da BNP Paribas, avente codice Isin NL0006299646. Il certificato, emesso il 27 febbraio 2009 allorché l’indice FTSE Mib quotava 15282 punti, presenta infatti la barriera in corrispondenza del livello di 8405 punti, ad una distanza del 55% dai 18718 punti rilevati nel corso della mattinata di mercoledì 13 luglio. Interessante è il profilo di rischio rendimento che caratterizza questo strumento: alla scadenza del 26 ottobre 2012, infatti, verrà rimborsato un importo bonus di 120 euro se l’indice non avrà mai quotato al di sotto del livello barriera ( vale anche il prezzo in intraday ) trovandosi alla data di valutazione finale ad un livello pari o inferiore ai 18338 punti. In caso di quotazione superiore, il rimborso sarà dato dal valore assunto dall’indice moltiplicato per il multiplo 0,006543, fino ad un massimo di 150 euro. Partendo da una quotazione in lettera al Sedex di 124,1 euro si può quindi definire il seguente schema di rimborso, a patto che l’indice non tocchi mai la barriera a 8405 punti:

 

  • Una minusvalenza del 3,23% maturerà per valori dell’indice compresi tra 8406 e 18338 punti
  • Una minusvalenza dell’1,32% maturerà se l’indice sarà sui 18718 punti attuali, in virtù di un rimborso di 122,47 euro
  • Una plusvalenza del 12,80% si concretizzerà se l’indice sarà a 21400 punti (+14,3% da ora), in virtù di un rimborso di 140 euro
  • Una plusvalenza del 20,87% si otterrà se l’indice sarà ad un livello pari o superiore a 22923 punti ( +22,46% da ora), in virtù di un rimborso pari ai 150 euro del cap

 

BONUS ALETTI – BARRIERA 9019 PUNTI

Il terzo certificato che ha elevate possibilità di tagliare il traguardo con la barriera inviolata è un Bonus di Banca Aletti identificato da codice Isin IT0004443989. Il certificato, emesso il 30 gennaio 2009, ha rilevato lo strike a 18039 punti e ha fissato la barriera all’esatta metà, ossia a 9019 punti. La rilevazione della barriera verrà effettuata tutti i giorni, sulla base del prezzo di chiusura, fino alla data di scadenza del 30 gennaio 2013 e se darà sempre esito negativo, l’importo di esercizio sarà come minimo pari a 145 euro. Per valori dell’indice superiori ai 26450 punti, si avrà altresì la possibilità di seguire il rialzo grazie all’assenza del cap. Allo stato attuale questo certificato presenta un prezzo di possibile acquisto pari a 126,9 euro e pertanto, quando mancano circa 18 mesi alla scadenza, è possibile stimare che in assenza di evento barriera il rendimento sarà pari a :

 

  • 14,26% ( 9,05% annuo ) per valori dell’indice compresi tra 9019 e 26450 punti
  • 26,65% ( 16,92% annuo ) se l’indice sarà ad esempio a 29000 punti, in rialzo del 55% dai valori attuali, in virtù di un rimborso pari a 160,73 euro

 

UP&UP ALETTI – BARRIERA 9549 PUNTI

Presenta una struttura differente da quelle finora descritte, l’Up&Up di Banca Aletti con barriera a 9549 punti. Il certificato, identificato da codice Isin IT0004481849, prevede che alla scadenza del 30 aprile 2013 venga rimborsato il nominale maggiorato della variazione positiva del FTSE Mib a partire dai 19098 punti con una partecipazione in leva del 118%. Per fare un esempio, qualora l’indice si attesti alla data di valutazione finale in rialzo del 10% dallo strike, il rimborso del certificato sarà di 111,8 euro. Inoltre, in assenza di evento barriera, il profilo di payoff prevede che il nominale venga maggiorato dell’eventuale variazione negativa dell’indice sempre calcolata a partire dal medesimo livello strike. Ciò implica che un ribasso del 20% del FTSE Mib a scadenza comporterà un rimborso di 120 euro. Stando all’attuale quotazione di 107,45 euro, le chance di ottenere un guadagno sono legate ad una discesa del FTSE Mib al di sotto dei 17675 punti o ad una salita al di sopra dei 20520 punti: in questo range, viceversa, sarà inevitabile registrare una perdita, che in ogni caso non supererà il 7% a meno di un evento barriera. C’è da notare che per questo certificato, l’incidenza dei dividendi stimati sul FTSE Mib fino alla scadenza esercita un effetto positivo sul fair value.

 

UP&UP ALETTI – BARRIERA 11488,05 PUNTI

E’ posizionata ad un passo dagli 11500 punti ma è in ogni caso ad un livello inferiore ai minimi registrati dall’indice a marzo 2009, la barriera di un secondo Up&Up emesso da Banca Aletti. Il certificato, identificato da codice Isin IT0004585144, propone la medesima struttura del precedente ma la sua scadenza è posticipata al 31 marzo 2014. La durata più lunga di quasi un anno e il posizionamento della barriera circa 2000 punti più in alto, fanno sì che il prezzo di questo Up&Up sia di gran lunga inferiore al nominale. In particolare, con una quotazione al Sedex di 82,15 euro, il certificato sta riflettendo linearmente il ribasso subito dal FTSE Mib dai 22976,1 punti dello strike, replicando la struttura classica di un Benchmark. Tuttavia, fino a quando la barriera rimarrà inviolata, le chance di ribaltare in positivo gli oltre 18 punti percentuali di perdita dell’indice rimarranno intatte e pertanto, considerando un’ipotetica rilevazione finale del FTSE Mib sugli attuali 18718 punti, il guadagno sul possibile prezzo di acquisto di 82,15 euro ammonterebbe al 44,29%.