Giappone: previsioni eco e certificati in evidenza dopo il sisma-tsunami

Colpito al cuore da un sisma catastrofico e da un devastante tsunami, il Giappone è atteso ora da una dura prova sul fronte economico

Buongiorno a tutti, abbiamo tutti negli occhi il disastro che ha colpito il Giappone come territorio e l’intera nazione. Purtroppo questo evento sta causando molti danni anche a livello economico causando ingenti perdite all’intero sistema Giappone. Penso di essere uno dei molti che ha investito in Giappone attraverso fondi o gestioni nella diversificazione del proprio patrimonio e ora vorrei sapere, con il vostro aiuto,  quali certificati ci possono aiutare per “recuperare” quanto stiamo perdendo. Mi interessano solo investimenti che non “speculino” sul disastro ma che, anche a lungo termine, possano aiutare il Giappone a ritornare tra le grandi economie mondiali,  e a noi di rientrare dalle perdite.

Grazie S.B.

Come la scorsa settimana, anche questo Approfondimento inizia con una mail giunta in redazione nelle ultime ore. La scelta di dedicare ampio spazio alla tragedia che ha colpito il Giappone è stata in qualche modo “sofferta”, dal momento che la sensibilità dei lettori porta talvolta a ritenere inopportuno parlare di investimenti e dei mercati finanziari in un momento così drammatico per le vite umane e per un’intera popolazione. Ma quello che è successo in Giappone lo scorso 11 marzo e che per mesi rimarrà nei nostri ricordi nulla ha a che vedere con gli effetti altrettanto drammatici che un evento così sconvolgente produce sull’economia del Paese e sui patrimoni dei tanti investitori che, non per speculazione, ma solamente per diversificare, si ritrovano con investimenti di varia natura nelle aree geografiche disastrate dalla calamità naturale. Per questo, tralasciando la cronaca che di ora in ora ci aggiorna su tutto quanto sta accadendo in quelle zone, cercheremo di approfondire quali potranno essere le conseguenze di un evento di simile portata sui conti dell’economia del Sol Levante.

LE PRIME STIME

A poche ore dal sisma che ha sconvolto la geografia della costa orientale del Giappone provocando migliaia di vittime tra la popolazione e creando seri rischi per un’emergenza nucleare, analisti e gestori si interrogano su quali saranno le conseguenze del disastro per l’economia giapponese. L’opinione diffusa è che rispetto al grande terremoto che colpì la città di Kobe nel 1995, in questa occasione l’impatto sull’economia sarà di portata inferiore. Questo perché Kobe era molto più industrializzata e densamente popolata delle province attualmente colpite dal sisma e dal conseguente tsunami. Nonostante questo, secondo gli analisti di Vontobel, la crescita del prodotto interno lordo quest’anno potrebbe ridursi ulteriormente dello 0,2% rispetto a quanto stimato in precedenza ( 1,6% invece dell’1,8%). Sebbene nel breve termine ci saranno massicce battute d’arresto nella produzione e nei consumi delle regioni colpite, proseguono gli analisti della banca svizzera, molto presto le autorità dovranno stanziare aiuti urgenti e attuare misure di ricostruzione, dando priorità alle infrastrutture ( trasporti, energia…). Una visione condivisa anche da Shogo Maeda, heah of Japanese equity di Schroeders, che afferma di non intravedere gravi rischi per lo sviluppo sostenibile delle imprese nipponiche sulla base delle informazioni attualmente disponibili, e da Seiichiro Iwasawa, responsabile delle analisi di borsa di Nomura, che addirittura si spinge a fare previsioni ottimistiche sul rimbalzo della borsa giapponese ricordando che il calo registrato lunedì è stato pari a quello che si ebbe nei 5 giorni successivi al terremoto di Kobe.

IL GRANDE TERREMOTO DI KOBE

Prima della catastrofica scossa di magnitudo 8.9 dell’11 marzo scorso, il Giappone venne colpito da un altro terribile terremoto, quello che il 17 gennaio 1995 fece nella sola città di Kobe, situata nella parte sud della Prefettura di Hyōgo, oltre 4600 vittime. Alle 05:46 ora locale, la terrà tremo per 20 secondi e l’intensità del sisma superò per la prima volta il livello 7 della scala sismica, registrando una magnitudo di 6,8 gradi della scala Richter. Quel terremoto causò circa 102,5 miliardi di dollari di danni, pari al 2,5% del Pil giapponese e venne definito come il “più costoso disastro naturale mai avvenuto in un unico paese”. Le conseguenze sull’economia vennero anticipate, come sempre, dal mercato azionario, che nei giorni successivi vide l’indice Nikkei 225 perdere l’8% del proprio valore e nelle settimane seguenti toccare una flessione del 26% dai livelli di chiusura dell’anno precedente. Gli effetti della globalizzazione che in questi giorni hanno fatto barcollare gli indici di mezzo mondo, all’epoca ancora non erano visibili come dimostra il grafico comparativo dell’andamento dell’indice nipponico ( linea bianca ), di quello della borsa statunitense ( linea arancione ), dell’indice più rappresentativo del Vecchio Continente ( linea verde ) e del Mib 30 ( linea fucsia ). Ma la notizia più confortante, dal punto di vista strettamente economico, è che alla fine del 1995 l’indice Nikkei 225 era riuscito a recuperare i livelli precedenti al terribile terremoto che investì la città di Kobe.

11 MARZO 2011, INIZIO DI UN INCUBO

Tra i terremoti più violenti della storia, quello che ha colpito il Paese del Sol Levante l’11 marzo con una magnitudo di 8.9 è il quinto dopo quello che ha sconvolto il Cile nel 1960 ( magnitudo 9.5 ), l’Alaska nel 1964 ( magnitudo 9.2), l’isola di Sumatra il 26 dicembre 2004 ( 9.1 ) e il Kamcatka, in Russia, nel 1952 ( magnitudo 9.0). I maggiori danni, in un Paese preparato ad affrontare eventi sismici di una certa intensità, sono stati causati però dallo tsunami che ha investito le coste nord-orientali provocando, tra l’altro, il cedimento della diga di Fukushima. Proprio dalla prefettura di Fukushima ci sono giunte le immagini più impressionanti: interi villaggi portati via dalla forza del mare, case, auto e imbarcazioni come tronchi d’albero trascinati via dalla corrente e non ultimo la centrale nucleare seriamente danneggiata da ripetute esplosioni.

L’incubo nucleare, che sta terrorizzando il Giappone, è proprio ciò che ha causato fin qui i maggiori effetti sui mercati finanziari. Da venerdì lo yen si è apprezzato lievemente e il rendimento dei titoli di stato a 10 anni è sceso di 10 bp. Ma se si guarda ai Credit Default Swap, lo spread sul premio assicurativo contro il default giapponese è schizzato in due giorni di oltre il 25%, e sui listini azionari, il Nikkei 225 ha messo a segno in sole tre sedute una performance da brivido, crollando del 18%. Per sostenere l’economia e difenderla dalla speculazione che rischia di affondare i colpi, lunedì scorso la Banca del Giappone ha iniettato nel sistema 21,8 trilioni di yen, mettendo in atto la maggiore opera di intervento mai intrapresa nella sua storia. Come conseguenza del crack del Nikkei 225, nella giornata di martedì tutti i listini europei si sono risvegliati con i rispettivi contratti future in calo di oltre il 4%, rischiando di innescare un pericoloso effetto a catena con risvolti potenzialmente ancora più accentuati.

 I CERTIFICATI SUL NIKKEI

Per cercare di rispondere alla domanda con cui abbiamo aperto l’Approfondimento ma anche nel tentativo di individuare quali sono i certificati che più hanno risentito finora delle drammatiche conseguenze della tragedia che ha colpito il Giappone, vediamo quanti e quali sono i prodotti che hanno come sottostante l’indice Nikkei 225. Al momento sul mercato italiano si contano 30 emissioni investment scritte sull’indice nipponico ma si contano sulle dita di una mano quelle in grado di garantire un supporto all’investitore rimasto coinvolto nel tracollo dei mercati azionari. Più nel dettaglio, 5 sono le emissioni a capitale protetto, 16 quelle inizialmente nate con protezione condizionata del capitale ma che a seguito di un evento barriera si sono tramutate in semplici proposte a replica lineare del sottostante senza alcuna protezione, 4 quelle a capitale non protetto in puro stile Benchmark e 5 con opzioni accessorie ancora integre. Il primo pensiero, quando l’esigenza è di affidare ad uno strumento di copertura il ruolo di difesa dal ribasso dei mercati, corre agli strumenti che prevedono la facoltà short. In tal senso, l’unica emissione disponibile sul mercato dei certificati di investimento privi di leva ( e di conseguenza non soggetti allo stop loss automatico che contraddistingue i certificati leverage ) è un Reflex Short di Banca IMI identificato da codice Isin IT0004652910. Il certificato, quotato sul Sedex di Borsa Italiana, riflette linearmente ma in senso inverso le variazioni dell’indice Nikkei 225, tenuto conto del tasso di cambio tra euro e yen, e ha la scadenza fissata al 9 dicembre 2011. Analizzando il suo comportamento dal 9 marzo, si ottiene la conferma dell’utilità dello strumento ai fini di copertura per posizioni long in essere sul sottostante tramite fondi comuni o Etf: da un prezzo di chiusura pari a 7,53 euro all’8 marzo, il Reflex Short ha messo a segno una performance positiva del 27,88%, concludendo la seduta nera del Nikkei di martedì 15 a 9,63 euro. Per comprendere appieno il suo funzionamento, è necessario considerare che il prezzo è dato da una semplice differenza tra il valore dell’indice e lo strike, prefissato a quota 19000 punti, e dalla successiva conversione in euro del risultato moltiplicato per la parità 0,1. Per chi ha necessità di tutelarsi dal rischio di crollo del mercato azionario giapponese e non voglia chiudere anzitempo le posizioni in essere, questo certificato si presenta al momento con le credenziali migliori.

Prima di andare ad analizzare qualche altra proposta utile a fini di copertura, apriamo una parentesi su due certificati che il Nikkei 225 lo prevedono come indice sottostante chiamato alla contesa in un confronto virtuale con l’indice delle blue chip europee. Il nome di queste particolari emissioni è Athena Match Race e l’emittente è BNP Paribas.  Tra i due, quello che ha fin qui attirato maggiormente il nostro interesse è stato il certificato emesso a maggio 2010 con codice Isin NL0009418409. Quotato sul Cert-X, lo strumento si lega al differenziale di performance tra i due indici e offre una prima finestra di rimborso anticipato a cavallo tra fine aprile e inizio maggio prossimo  con elevate opportunità di riuscita dato il violento calo subito dal Nikkei 225 in questi ultimi giorni. Più nel dettaglio, il certificato prevede che venga rimborsato con un importo pari al nominale più un premio del 6% qualora l’Eurostoxx 50 segni una performance migliore di quella dell’indice giapponese, partendo dai livelli iniziali rilevati rispettivamente in 2816,86 punti per l’indice europeo e 11057,4 punti per quello nipponico. Dal grafico dello spread che abbiamo appositamente creato per questa emissione, si nota come in soli tre giorni l’indice sia passato dall’8 al 21% ( il che vuol dire che dall’emissione il Nikkei ha fatto peggio dell’Eurostoxx 50 di 21 punti percentuali ), fornendo per il momento ampie garanzie di rimborso alla prima data utile. A testimonianza di una elevata probabilità di riuscita, il certificato è quotato sul Cert-X ad un prezzo di 104,40 euro in denaro e 105,40 euro in lettera: se ne ricava che l’upside sul prezzo di potenziale acquisto è ormai ridotto a pochi decimali di punto. Per completezza di informazioni, si tenga conto che la rilevazione utile per il rimborso anticipato con un premio del 6% verrà effettuata come media aritmetica dei livelli di chiusura dei due indici nei giorni del 26, 27, 28 aprile e 2 maggio 2011.

Per tornare alle emissioni che potrebbero consentire di affrontare con qualche opzione in più l’investimento sul mercato giapponese, si segnala un Express di Deutsche Bank ( avente codice Isin DE000DB794Z0 ) che proprio in queste ore è stato travolto dal crollo del Nikkei 225 ma che in caso di recupero di quest’ultimo potrebbe offrire una straordinaria overperformance. In dettaglio, il certificato presentava all’origine una serie di date di rilevazione intermedie ai fini del rimborso anticipato ma, avendole mancate una dopo l’altra, ora è proiettato unicamente verso la scadenza del 3 novembre 2011. A quella data il livello che il Nikkei 225 dovrà aver recuperato è pari a 9818,86 punti, ossia a quanto stava nella giornata di lunedì prima di chiudere in calo del 6%. Ipotizzando di avere in portafoglio un investimento sull’indice giapponese e di dover puntare al recupero del forte ribasso degli ultimi giorni per ripianare le perdite, questo certificato offre l’opportunità di accelerare il cosiddetto “recovery” in virtù di un prezzo di mercato di circa 65 euro. Volendo fare qualche ipotesi a scadenza, se l’indice riuscirà a fermarsi alla data di valutazione finale del 3 novembre prossimo ad un livello almeno pari a 9818,86 punti, il certificato rimborserà i 100 euro nominali: ciò implica che dal potenziale prezzo di ingresso di 65 euro si otterrà una plusvalenza del 54% circa, a fronte di un rialzo richiesto all’indice di poco più del 14% dal livello di chiusura di martedì 15 a 8605 punti. Qualora il Nikkei mancasse l’aggancio al trigger, va sottolineato che l’operazione comporterebbe una minusvalenza relativamente maggiore rispetto a quella dell’indice, a causa di un premio implicito nella quotazione di circa il 20%. Si consideri infine che il cambio è del tutto ininfluente ai fini del calcolo del certificato e che, anche in caso di un rimbalzo sul breve termine, il prodotto beneficerebbe di una maggiore reattività.

 Data la volatilità presente sul mercato e il susseguirsi delle notizie provenienti dal Giappone, si specifica che l’articolo è stato chiuso nella serata di martedì 15 marzo

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