ICA 2015 all’ultimo chilometro

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Da un anno all’altro, i mercati finanziari hanno cambiato decisamente passo grazie alle manovre delle Banche centrali che hanno favorito il ritorno degli acquisti sul mercato azionario, scoraggiato gli accantonamenti di liquidità, azzerato l’appeal dei rendimenti obbligazionari e appesantito i mercati emergenti.

Nulla o quasi è invece cambiato in fatto di gusti degli investitori italiani, che così come nel 2014 ritenevano il Double Express di Banca IMI su Eni il miglior certificato dell’anno, oggi continuano a fare il filo a tutte quelle strutture a capitale protetto condizionato, dimostrando cosi di aver ben compreso che una protezione incondizionata in un mercato sostenuto dal Quantitative Easing è un lusso di cui si può fare a meno, che con cadenza periodica sono in grado di riconoscere un flusso cedolare consistente e nella maggior parte dei casi di gran lunga superiore alla media dei rendimenti obbligazionari.

Pur avendo compreso la netta differenza che intercorre tra una classica obbligazione e un certificato Phoenix, gli investitori sono sempre più propensi a
destinare ai certificati almeno parte di ciò che un tempo si investiva in obbligazioni, con lo scopo di ottenere rendimento e al contempo non incrementare eccessivamente i rischi. Di certificati appartenenti alla grande famiglia dei Phoenix, espressi dai singoli emittenti con i nomi commerciali più disparati ma tutti uniti sotto la medesima struttura finanziaria, ne vengono proposti ormai a centinaia sul mercato domestico, a dimostrazione di come l’industria finanziaria sappia reagire alle richieste degli investitori proponendo prodotti in linea con le esigenze. Nel corso dell’ultimo anno un po’ tutte le banche emittenti che operano continuativamente

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