ORO SEMPRE MENO BRILLANTE. CACCIA AI RITARDATARI

Questione di “cap”. Il caso dei due Equity Protection Cap targati BNP Paribas

Mentre i mercati si avviano a chiudere l’anno con un tono positivo, lo sguardo degli investitori è rivolto per il prossimo futuro verso gli asset correlati negativamente e quindi capaci di muoversi controtendenza in una fase di mercato eventualmente correttiva. Un tempo considerato lo strumento safe-heaven per eccellenza, l’oro ha tuttavia dimostrato in più occasioni quanto sia imprevedibile il mercato e come le correlazioni possano essere invertite anche rapidamente. Numeri alla mano, dopo un trend da vera e propria bolla speculativa, capace di far registrare all’oncia troy una performance di oltre il 165% in circa 3 anni, in base ai correnti 1231,75 dollari il ritracciamento dall’area di massimo relativo raggiunto intorno area 1800 dollari è pari modo consistente, considerate anche con quali tempistiche si è registrata la discesa.

Nonostante il trend di lungo appaia ancora positivo, la pesante flessione accusata nel 2013 ( -27,27%) associata al fisiologico ritardo con il quale alcuni certificati di investimento seguono l’andamento del sottostante prima della scadenza, sta impedendo a quanti avessero investito sull’oro anche a prezzi più bassi rispetto a quelli attuali, di godere appieno dei guadagni.  Guardando in particolar modo al comparto dei certificati a capitale protetto, ci siamo già chiesti in passato perché i certificati con Cap non riescano a seguire, al rialzo, l’andamento del sottostante di riferimento ma rimangano attardati. Una domanda comune, questa, a molti possessori di certificati caratterizzati dalla presenza in struttura dell’opzione “Cap” e più in particolare ai possessori di certificati con protezione del capitale dotati di vincolo al rimborso massimo conseguibile. E’ proprio quest’ultimo, infatti, ad appesantire i movimenti del certificato rispetto al sottostante, tanto che la performance di questi prodotti in un contesto fortemente positivo, non può essere mai pari a quella registrata dal sottostante, sia per un ritardo “cronico”, dovuto alla struttura opzionale implicita, sia per un ritardo “tecnico”, dovuto alla presenza di un vincolo al rimborso massimo (Cap), oltre il quale il certificato a scadenza non potrà appunto tecnicamente seguire le performance del sottostante.

In tal senso, il giusto assist per tornare a parlare dell’effetto Cap ci viene fornito proprio da due certificati legati al metallo giallo, in discreto ritardo dai livelli teorici di rimborso, che si prestano oggi ad essere sia interessanti opportunità operative che validi case-studies.

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QUESTIONE DI REATTIVITA’

Prima di entrare nel dettaglio dei due certificati, è doveroso richiamare la struttura opzionale implicita ai certificati a capitale protetto caratterizzati da un cap ai rendimenti.

Oltre alla componente lineare (call strike zero), l’opzione per strutturare la protezione del capitale è una put con strike pari al livello protetto (molto spesso pari allo strike iniziale), mentre il cap ai rendimenti è costruito per tramite della vendita di un’opzione call con strike pari al livello cap. Se già in fase di strutturazione, data la lunga scadenza che mediamente accompagna questo tipo di emissione, il delta risulta essere piuttosto basso, in linea con i connotati protettivi del prodotto, estremizzando, ciò diviene ancor più evidente quando i corsi del sottostante superino il livello cap. In questo caso, infatti, la reattività diviene pressoché nulla con il differenziale tra i corsi correnti e il rimborso teorico imputabile totalmente al valore del tempo.

Entrando ora nel caso specifico, come spesso accade quando ci si trova a commentare tali situazioni, la medaglia ha due facce opposte: da una parte si cela il malcontento di chi il certificato ritardatario ce l’ha già in portafoglio, mentre dall’altra si legge la speranza di riuscire a trasformare il ritardo in un guadagno da parte di chi è alla ricerca di buone occasioni, anche in virtù del rendimento annualizzato che oggi caratterizza le due proposte oggetto di analisi.

Prima però, è bene precisare che lo sconto non deve intendersi come un rendimento minimo o in alcun modo come un guadagno facilmente materializzabile. Si tratta semplicemente di un margine di apprezzamento fisiologico che il certificato è destinato a subire per effetto del trascorrere del tempo. Si deve quindi leggere la colonna “sconto” della tabella presente in pagina, come la remunerazione del passare del tempo fermo restando che il sottostante si trovi a scadenza al medesimo valore attuale. Infatti se il sottostante scenderà, lo sconto si assottiglierà fino ad annullarsi e, per i casi in cui la quotazione di mercato è superiore al livello protetto, potenzialmente sarà possibile subire anche una perdita. Viceversa, se il sottostante dovesse nuovamente salire, il guadagno aumenterà fino all’importo massimo dato dal Cap.

Emessi nel 2009 quando i corsi dell’oro erano su livelli molto più bassi rispetto ad oggi, i due Equity Protection Cap targati BNP Paribas rappresentano quindi un valido esempio per un investimento diversificato. Nonostante il sottostante abbia infatti superato i rispettivi livelli Cap, le quotazioni dei due certificati sono discretamente lontane dal rimborso massimo conseguibile a scadenza.

La short call, infatti, risulta avere ancora valore, dovuto in larga misura esclusivamente al tempo residuo a scadenza, e pertanto zavorra fisiologicamente la quotazione. Il tempo, quindi, sarà galantuomo e farà crescere il valore di questi certificati anche se il sottostante non avrà più la forza di salire. Il processo di riallineamento, tuttavia, avviene gradualmente e quindi occorre attendere il tempo necessario augurandosi che nel frattempo il sottostante non inneschi una ulteriore brusca retromarcia.

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Commentando i dati ottenuti dalla fotografia del prezzi avvenuta in data 17 dicembre, notiamo infatti come nonostante i correnti 1231,75 dollari di quotazione dell’oro LBMA, siano superiori ai rispettivi livelli Cap, posizionati rispettivamente a 1077,56 e 1192,53 dollari, i prezzi dei certificati al Sedex risultano discretamente attardati rispetto al rimborso teorico a scadenza (RTS). In particolare a fronte di un teorico rimborso pari a 122 euro, visto anche il buffer del 14,31% dal livello cap, il certificato identificato con codice Isin NL0009097245 presenta un prezzo lettera pari a 120,55 euro, con uno sconto implicito dell’1,2%, ovvero il 3,22% considerata la scadenza prevista per il 30 aprile 2014. Analogamente, in virtù di una scadenza più lunga (31 luglio 2014) e di un livello cap tuttavia più ravvicinato, con un buffer pari a soli 3,29 punti percentuali, lo sconto si fa ben più corposo per la proposta identificata con codice Isin XS0435871297. L’attuale prezzo lettera pari a 122,2 euro a fronte di un cap level pari a 127 euro, presenta uno sconto implicito del 3,93%, ovvero il 6,26% su base annua.

In quest’ultimo caso è bene specificare che anche se il sottostante dovesse perdere ulteriori 4 punti percentuali e pertanto raggiungere il livello Cap, lo sconto consentirà all’investitore di avere un break-even-point ulteriormente più basso. Numeri alla mano, ad oggi un acquisto effettuato a 122,2 euro garantirebbe una protezione da eventuali perdite in conto capitale per valori del sottostante almeno pari a 1147,45 dollari.