SULLA CRESTA DELLE VALUTE EMERGENTI

Il contesto sfavorevole come un’opportunità con le nuove Tasso Fisso targate Banca IMI su dollaro canadese e rublo russo

 

Non solo le tensioni interne ad alcuni dei principali Paesi, quanto piuttosto un generalizzato cambio di view sull’interno comparto sta trascinando ad un ribasso di portata quasi “storica” le valute emergenti.

L’appeal dovuto ad un interessante spread di rendimento rispetto ai tassi dei titoli governativi europei, fino a qualche mese fa compressi sui minimi di periodo, ed unitamente utilizzati come scudo protettivo contro le sorti avverse dell’euro, in passato hanno fatto della diversificazione valutaria un tema di assoluto interesse. Se pertanto la decorrelazione così come un rendimento in valuta talmente elevato da proteggere l’investimento anche da movimenti negativi sul fronte del tasso di cambio sottostante, in un contesto di bassa volatilità, avevano contribuito a rendere tale comparto un asset immancabile nell’ottica di un’efficiente gestione di portafoglio, ecco come la velocità con cui il mercato ha saputo cambiare sentiment ha nuovamente spiazzato molti investitori.

Complice il rallentamento dell’economia globale e la lotta intrapresa tra le varie superpotenze in termini di politica monetaria, al fine di rendere maggiormente competitive le proprie valute, con la settimana appena conclusa si è registrata la quinta settimana di flussi negativi dai fondi obbligazionari emergenti, per un totale di 12,5 miliardi di dollari, con la dimensione del mercato che è così tornata ai livelli di fine 2012, con la velocità del deflusso che può essere apprezzata anche a livello grafico dal JPMorgan Emerging Markets Local Currency, che segna una performance negativa di circa il 10% nel corso dell’ultimo bimestre.

Come spesso accade, se il quadro potrebbe apparire definitivamente compromesso per coloro che già avevano in portafoglio tale comparto, così certo non può dirsi per chi fino ad oggi ne era rimasto un mero osservatore. I livelli raggiunti da molte divise nei rispetti dell’euro, potrebbero indurre l’investitore, conscio dei rischi e soprattutto della velocità cui il mercato è stato capace di girarsi, a provare ad entrare su tale asset capace ancora di regalare ritorni decisamente oltre alla media di mercato.

Ovviamente la scelta della valuta sottostante rappresenta una fondamentale variabile di successo per questa tipologia di obbligazioni, caratterizzate per la maggioranza dei casi da un’affidabilità dell’emittente sufficientemente alta. Si pensi ad esempio alle molte obbligazioni corporate Investment Grade in valuta, da un’esposizione al rischio tassi molto contenuta, considerato sia l’alto facciale che solitamente distingue tali bond che la scadenza di medio termine di alcune tra le più interessanti proposte.

All’interno del vasto panorama cui ha accesso l’investitore italiano, ci concentriamo in questo numero sulla doppia emissione sbarcata lo scorso 28 giugno sull’EuroMOT  targata Banca IMI: la Banca IMI Collezione Tasso Fisso Dollaro Australiano 6,40% ( Isin IT0004938269) e la Banca IMI Collezione Tasso Fisso Rublo Russo 8,30% ( Isin IT0004938129). Con ques’ultimo strumento, novità assoluta sul panorama dei corporate bond italiani in valuta, sale a 8 il palmares di proposte in valuta attualmente in quotazione dell’istituto di credito italiano.

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DOLLARO AUSTRALIANO

Andando per ordine, da area 1,25 contro l’euro di inizio 2013, i correnti 1,414 valgono pertanto una svalutazione complessiva di circa il 13%. Sul dollaro australiano, ha influito in modo particolare l’accentuarsi delle vendite sulle materia prime, in primis la debacle dell’oro, di cui il Paese è un esportatore.

A pesare nell’ultimo mese c’è sicuramente l’accelerazione della FED circa i tempi di uscita dall’exit strategy. Il materializzarsi del progressivo ritiro degli stimoli monetari straordinari da parte della banca centrale statunitense ha infatti allontanato gli investitori dagli asset ad alto rendimento legati ai prezzi delle commodity. Inoltre la prospettiva di un progressivo azzeramento del sostegno monetario nel 2014 da parte della FED fa temere un rallentamento economico a livello globale. A questo si aggiungono le difficoltà della Cina con le previsioni di crescita per quest’anno che si sono progressivamente deteriorate negli ultimi mesi come testimoniato dall’indice PMI manifatturiero cinese che a giugno è sceso sui minimi degli ultimi 9 mesi. Una serie di fattori che contribuisce a dipingere un quadro non esaltante per l’economia australiana che già nel primo scorcio dell’anno aveva mostrato segnali di debolezza.

Consapevoli dei rischi connessi in caso di un prolungamento del trend di deprezzamento della divisa, è doveroso andare a valutare l’ultima obbligazione arrivata sull’EuroMOT. Si tratta di un bond a tasso fisso con scadenza 28 giugno 2018 che si contraddistingue per un flusso cedolare annuale pari al 6,4% lordo in valuta. Viste tali caratteristiche, il bond si appresta ad essere un utile strumento per chi desideri cavalcare tale idea operativa in ottica di asset allocation tattica, al fine di cercare di battere il benchmark di mercato che su tale scadenza si attesta a circa il 3,5% di rendimento lordo annuo.

In base ai correnti livelli di prezzo, ovvero 99,43 aud, escludendo la componente tasso di cambio, i rendimenti potenziali annui ammonterebbero ad oggi al 6,433% lordo. Ovviamente va ricordato come il rendimento a scadenza sia direttamente connesso all’andamento del tasso di cambio Eur/Aud, dal momento che in caso di un deprezzamento del dollaro australiano, ovvero in caso di una salita del cambio, il rendimento subirà un progressivo calo, così come in caso di apprezzamento della divisa australiana, riscontrabile da un calo del cambio Eur/Aud, aumenterà conseguentemente lo yield to maturity del bond in oggetto.

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RUBLO RUSSO

Sicuramente più interessante sotto il duplice aspetto dei rendimenti potenziali e della novità, la proposta agganciata alla divisa russa. La Russia, guardando anche all’overperformance registrata sul comparto azionario, sembra oggi rivivere i fasti della Cina di oltre un biennio fa, e per questo si candida ad essere una tra le idee di investimento maggiormente attraenti all’interno del panorama degli emergenti. La recessione, anche in questo caso sul fronte delle commodity, unitamente al rallentamento quantitativo e alle politiche di svalutazione competitiva messe in campo dalle principali banche centrali mondiali, non ha risparmiato il Rublo, anch’esso in pesante svalutazione contro l’euro da inizio 2013 (-8% ).

Sebbene sia una misura puramente indicativa e non operativa, in tale ottica merita uno sguardo l’analisi del Big Mac Index, strumento “informale” in grado di misurare il potere di acquisto di una valuta e compararlo con quello di altre divise. Brevemente, ricordiamo come alla base vi è la cosiddetta teoria della parità dei poteri di acquisto basandosi sul famoso prodotto della multinazionale McDonald’s, ovvero un prodotto uguale in tutto il mondo e quindi utilizzato come criterio di paragone. Eventuali differenze di potere d’acquisto del Big Mac tra due valute intendono sottolineare sottovalutazioni o sopravvalutazioni di una moneta rispetto al Dollaro statunitense. Seguendo tale criterio, è utile riscontrare come il Rublo russo presenti secondo tale approccio, una svalutazione di ben 44,4 punti percentuali rispetto alla divisa statunitense. Con l’Euro che di contro risulta sovra prezzato per circa l’11%.

Analizzato tale quadro, scendiamo ora nel dettaglio del bond che a fronte delle medesime caratteristiche del precedente, presenta un facciale dell’8,30%. Considerati infine i 101,244 rub di quotazione, il rendimento teorico lordo annuo, ad esclusione della componente tasso di cambio, ovvero ipotizzando una sostanziale neutralità del tasso Eur/Rub, ammonta oggi al 7,812%.

Per entrambe doveroso ricordare ancora una volta come il rischio connesso a tale tipologia di investimento deve necessariamente ritenersi elevato, in quanto, come il recente passato dovrebbe aver insegnato, un forte deprezzamento della divisa estera potrebbe compromettere addirittura la protezione del capitale nominale alla scadenza.