I DUBBI DELL’INVESTITORE

Salita ogni tipologia di asset class, enormi sono oggi i dubbi del risparmiatore. Tempo di tasso variabile? Suggerimento: rimanere su duration basse e sfruttare alcune situazioni a sconto

 Si sta alimentando giorno dopo giorno la convinzione che la crisi del debito sia ormai alle spalle, grazie agli aiuti stanziati dalla BCE e agli sforzi congiunti fatti dai Paesi membri in ottica di austerity. In assenza di nuove notizie, i mercati sembrano quindi credere all’efficacia di quanto è stato fatto nell’ultimo anno per fronteggiare la più grave crisi di liquidità dell’era Euro, registrando continui progressi tanto sul fronte azionario quanto su quello obbligazionario. Osservando più da vicino l’Italia, finita sotto i colpi della speculazione quando sembrava potesse essere a rischio la tenuta dell’intero progetto europeo e ora méta preferita dei compratori, l’indice di Piazza Affari è di gran lunga il migliore da inizio anno, con un rialzo del 14% da dicembre, mentre il decennale è sceso sui livelli medi degli ultimi tre anni al 4,18%, con lo spread di rendimento verso il Bund tedesco in picchiata di quasi 100 punti base nell’ultimo mese.

Guardando in giro, sembra essere salito praticamente tutto. Soprattutto il comparto obbligazionario dei titoli sovrani ha risentito in maniera chiara del netto miglioramento del clima nell’ultimo bimestre, festeggiando il venir meno dello spauracchio denominato “fiscal cliff. Di riflesso, i titoli corporate hanno beneficiato del forte restringimento dello spread di credito, ovvero del premio per il rischio pagato sul mercato, in un contesto dove le attese sul fronte tassi avevano già ampiamente gonfiato le strutture a tasso fisso, che rappresentano più della metà delle emissioni presenti sul mercato.

Ora, l’investitore potrebbe ragionevolmente trovarsi spiazzato tanto nella gestione delle posizioni in essere quanto nella fase di composizione di un portafoglio obbligazionario. Ciò che appare evidente è l’alta incertezza sul fronte dei tassi di mercato, per cui posizionarsi su duration basse rappresenta una scelta obbligata per quanti siano avversi al rischio. Discorso direttamente connesso a ciò, riguarda l’indicizzazione. Mai come ora, riteniamo aver senso tornare a guardare alle obbligazioni a tasso variabile indicizzate al tasso interbancario dell’area Euro che, dopo aver aggiornato per mesi i suoi minimi storici, sembrerebbe aver trovato una base dalla quale ripartire, come confermato dall’andamento della curva forward del tasso Euribor.

Nel vasto panorama obbligazionario che l’investitore italiano ha a disposizione, per questa delicata fase di mercato, suggeriamo di mettere sotto stretta osservazione una specifica emissione targata Intesa Sanpaolo. Si tratta di un bond a tasso variabile identificato da codice Isin IT0004851231, capace oggi di sintetizzare in un’unica proposta le potenzialità del tasso variabile unitamente ad una quotazione a discreto sconto sul suo valore teorico. Andando per ordine, analizziamo dapprima le caratteristiche dell’obbligazione. Contraddistinto da una scadenza prevista per il 25 ottobre 2017, il bond distribuisce con cadenza trimestrale una cedola indicizzata all’Euribor trimestrale maggiorato di uno spread di 400 punti base. Emessa il 25 ottobre 2012, l’obbligazione ha saputo pertanto sfruttare il movimento di riassorbimento dello spread di credito del relativo emittente e pertanto è oggi scambiata sopra la pari a quota 104,9 euro in lettera sull’EuroTLX.

Agli attuali livelli di prezzo, il Discount Margin, ovvero lo spread effettivo sull’indice di mercato, che rappresenta il parametro più importante nell’orbita dei bond a tasso variabile, è pari a 289 punti base rispetto ai 400 bp stabiliti all’atto di emissione con un prezzo nominale pari a 100 euro.  In relazione all’attuale livello dei prezzi, il bond targato Intesa Sanpaolo presenta pertanto un rendimento pari al 3,0918% lordo annuo.

Per valutare quanto il rendimento espresso sia in linea con i rendimenti pagati dall’emittente, ovvero per stimare se ci siano reali opportunità innescate da uno sconto sul teorico fair value, è d’obbligo in tali strutture constatare se i rendimenti, espressi tramite il corrente Discount Margin, siano o meno “teoricamente corretti” per il costo del CDS dell’emittente. Dal momento che questo è oggi pari a 236,94 punti base contro i 289 bp del Discount Margin, possiamo pertanto affermare come il titolo appare sottovalutato rispetto al teorico valore misurato attraverso il CDS, pari nello specifico a 107,35 euro, contro i 104,9 euro attualmente scambiati sul mercato regolamentato.