EUROPA, CHE NUMERI!

Habemus ESM.  La fumata bianca dalla Corte Costituzionale tedesca ha iniettato nuovo carburante al mercato europeo che continua così la sua scalata. Ma a quale prezzo?

 

Mercoledi 12 settembre, ore 10. La Corte Costituzionaletedesca conferma le aspettative di mercato: i paesi dell’eurozona in crisi di liquidità riceveranno gli aiuti attraverso il piano ESM.  Ulteriore linfa per i mercati che dopo il rally delle ultime sei settimane, ne approfittano per strappare ancora al rialzo e avvicinarsi ai massimi di marzo. Poco importa a quali condizioni dovranno sottostare le economie dei paesi richiedenti il bailout, l’approvazione suona un po’ come lo sbarco degli alleati e volano Ibex, FTSE Mib e cambio Euro dollaro. Ma chi sono i buoni e i cattivi in questa saga europea?

Le vicende dell’area Euro assumono sempre più i connotati della favola della formica e della cicala. Da un lato gli stati spendaccioni, Spagna e Italia, con un debito accumulato nei confronti della Banca Centrale Europea di oltre 656 miliardi di euro ( dati rilevati per il mese di luglio) dall’altra le nazioni più virtuose come Germania o Olanda, creditori netti dell’istituto monetario, con un importo complessivo di 313,8 miliardi di euro.  Per gli elevati costi di default, per la mancanza di strategie indolori o per senso morale, a fare da calmiere tra i due litiganti ci ha pensato a più tappe la mano forte della Banca Centrale, con massicci interventi sul mercato monetario ampiamente preannunciati tra un vertice dell’Eurogruppo e l’altro, sperando di poter ottenere solo con la parola parte di quella fiducia degli investitori tanto ricercata. Ma un’economia reale sempre più arrancante non ha alleviato il precario stato di salute delle finanze pubbliche e nemmeno la fiducia dei mercati, spingendo numerosi istituti di credito al monte dei pegni.  Le massicce nazionalizzazioni hanno ulteriormente pesato sui bilanci di governo come nel caso spagnolo, creando una crisi di fiducia degli investitori che ha portato la crescita del tasso di deposito bancario della nazione iberica sui minimi assoluti (dati di luglio). Eppure l’insediamento di Draghi alla presidenza della Banca Centrale Europea lo scorso novembre, era stato accompagnato da un imponente intervento di politica monetaria volto ad offrire un prestito della durata di 3 anni con un tasso dell’1% annuo alle banche richiedenti ottenendo come collaterale unicamente le obbligazioni governative degli stati membri dell’UE (LTRO). Un’operazione magistrale nel dribblare una crisi bancaria di dimensioni enormi, iniettando un totale di oltre 1000 miliardi di euro, ma non sufficiente a far ripartire l’economia, come dimostra l’ultimo discorso tenuto dallo stesso presidente lo scorso 6 settembre, in cui la stima del Pil annunciata per il 2012 è stata rivista al ribasso, in un range compreso tra il -0,6% e il -0,2%, rispetto alle previsioni di giugno.  Dati alla mano, benché il sistema bancario dei paesi PIIGS nell’occhio del ciclone, quali Spagna e Italia, si sia aggiudicato la fetta più ampia dei prestiti della banca centrale, con un incremento da luglio2011 aluglio 2012 del 621,5% perla Spagnae del 250,3% per l’Italia, il moltiplicatore della moneta si è addirittura ridotto, passando dal 7,3 dell’ultimo trimestre del 2011 al 5,6 corrente, sintomo del mancato trasferimento all’economia reale. Anche l’effetto sui mercati finanziari e sulla curva dei rendimenti è pian piano svanito dopo i massimi raggiunti a marzo2012 aquota 17133,42 punti.  Come è possibile osservare dal grafico, la curva dei rendimenti italici lo scorso mese è tornata sopra quella del 1 marzo, mentre il FTSE Mib, dallo scheletro prettamente formato da istituti di credito, nel giro di quattro mesi è tornato sui minimi di marzo 2009  toccando la soglia dei  12363,51 punti, in ribasso di circa il 28% . L’asticella dello spread Bund BTP è cosi tornata a risalire afferrando nuovamente la soglia dei 500 punti base, ritenuta inaccettabile dalla Banca d’Italia, la quale in un recente studio ha affermato come invece il giusto valore sia di 200 punti.

Dello stesso parere è stato il presidente della Banca Centrale quando lo scorso 2 agosto ha ufficializzato i lavori su un piano di difesa a catenaccio dei conti europei,  mandando in fibrillazione i mercati finanziari. FTSE Mib in un mese di nuovo sopra i 15000 punti, Eurostoxx in rialzo di quasi l’8%, spread Bund BTP in caduta libera. Finale col botto lo scorso 6 settembre, data di annuncio del programma MOT. Il Monetary Outright Transaction, non è altro che un programma di acquisto illimitato di debiti governativi sul mercato secondario dalle scadenze fino a tre anni per raggiungere il rendimento target e rendere più effettiva la policy monetaria andando ad incidere sul tratto breve della curva dei rendimenti.  Dal comunicato stampa della Banca Centrale Europea ne ricaviamo il modus operandi.

MONETARY OUTRIGHT TRANSACTION

Il programma rappresenta uno strumento operativo utilizzato unicamente all’interno di programmi di salvataggio ( EFSF/ESM) oppure preventivi ( Enhanced Conditions Credit Line), pur fatta salva la facoltà da parte degli stessi EFSF/ESM di acquistare titoli governativi sul primario. L’eventuale effetto retroattivo sugli stati già sotto piano di salvataggio verrà considerato solo qualora a questi ultimi sarà ridato accesso al mercato obbligazionario. La liquidità creata dalla nuova massa monetaria sarà tuttavia completamente sterilizzata attraverso la vendita di riserve valutarie ( principalmente dollaro e sterlina) al fine di mantenere l’inflazione dell’area sotto controllo. L’Eurosistema non godrà inoltre di alcuna seniority nei confronti del credito vantato verso gli Stati ma sarà trattato al pari di un investitore privato.

Due le differenze principali con l’LTRO. Prima di tutto la controparte, nel primo caso gli istituti di credito, nel secondo gli Stati Sovrani.  Secondo, ma non meno importante, la non convenzionalità della misura dichiarata permanente e non temporanea con il dichiarato intento di rendere effettive quelle misure di trasmissione di politica monetaria finora poco efficaci nel trovare un riscontro sull’economia reale. I più polemici potrebbero dire che se si è arrivati ad avere economie al guinzaglio è colpa dell’eccessivo laissez faire, ma attenzione a non confondere economia di mercato con speculazione, ovvero con quella pressione alle vendite o agli acquisti senza alcun fondamento che trascina con sé anche la massa di investitori rivolti ad ottenere un gain di breve termine riuscendo però a scatenare un effetto  domino che dalle trading room si trasferisce agli scioperi su strada. Se gli interventi da manuale dei policy maker si sono rilevati buchi nell’acqua, buona parte delle colpe è infatti da imputare a vossignoria speculazione.  Prendiamo il caso di Italia e Spagna. Dai minimi toccati lo scorso 24 luglio, i due indici azionari hanno messo a segno un rialzo rispettivamente del 30,24% e del 31,41% ( dati al 10 settembre) entrando di diritto ai primi due posti tra i 93 indici primari mondiali. Una rincorsa preceduta  tuttavia da una fortissima pressione alle vendite che ha fatto sprofondare l’indice iberico al di sotto dei minimi del 2009 e quello italico sulla linea di confine, senza peraltro alcun avvenimento macroeconomico o annuncio all’interno delle singole economie che possa aver demarcato un cambio di segno così netto. Tornando a marzo 2012, prima che gli effetti della speculazione spietata si abbattessero sul mercato italiano l’indice sostava intorno ai 17000 punti. Qualora l’indice lungo l’arco temporale avesse perso unicamente i dividendi si troverebbe oggi a circa 16650 punti, poco lontano dai 16500 a cui è balzato poco dopo l’annuncio della corte tedesca. Eppure il quadro macroeconomico si è solo deteriorato con una flessione del Pil rispetto al secondo trimestre 2012 dello 0,8%, ed un’occupazione in calo tra i primi due trimestri dell’anno dello 0,2%.  In caso quindi di necessario bailout, a cui si potrà facilmente arrivare in caso di nuovo cambio di umore dei mercati, il condizionamento a particolari livelli di Debito/Pil, ora sul 120%, richiederà uno sforzo ancora maggiore dal momento che la decrescita incrementa il rapporto pur in presenza di un debito aggregato stabile.

Arriverà quindi il giorno in cui si dovrà pagare il conto del corrente entusiasmo? E, soprattutto, a quale prezzo? Se in borsa non esistono pasti gratis, speriamo che l’austerity con cui stiamo convivendo sia servita da acconto.