CRISI AREA EURO. EFSF… E IO PAGO

Il finanziamento straordinario dell’UE da 100 miliardi di euro alle banche spagnole pesa come un macigno sui conti italiani. Ma come si è arrivati a questa situazione apparentemente irrimediabile? Ecco le tappe di avvicinamento ad una crisi senza precedenti

Novembre 2010: bailout irlandese. La manovra da 85 miliardi di euro equivale al 94% del capitale del sistema bancario della nazione e vede l’EFSF impegnato direttamente per 17,7 miliardi di euro di cui 12 già versati.  L’annuncio dello sblocco dei fondi ha avuto un effetto solo temporaneo sulla percezione del rischio default del paese, come mostra la curva del CDS relativa al mese di novembre 2010. Dopo un bottom a 495 basis point, questa è ritornata infatti sul valore medio a fine mese a quota 615 punti, inferiori peraltro ai 682 punti base a cui ora è scambiato il contratto. Stessa finta per il decennale governativo, ora a quota 6,4976%, superiore di circa un punto percentuale alla media di novembre 2010.  Le ultime dichiarazioni di Mattehw Elderfield, a capo della Banca Centrale del paese, ai giornali tedeschi riferiscono che il raggiungimento dei criteri richiesto da Basilea, costringerà il sistema bancario a richiedere altri 3 o 4 miliardi di euro, qualora il sistema di funding interno non sia sufficiente.

Maggio 2011: il bailout del Portogallo da 78 miliardi di euro, pari al 175% del capitale delle banche è costato all’EFSF 26 miliardi di euro di cui 14,8 già utilizzati. Anche in questo caso i 60 punti base persi dal contratto di Credit Default Swap a 5 anni, come reazione alla notizia, dai 660 di inizio mese, sono stati recuperati nel giro di poche sedute. Attualmente il contratto scambia a 1054 punti base, complice un taglio del merito creditizio da investment grade  a speculative grade.

 Marzo 2012: il salvataggio greco  non è stato diretto dall’EFSF tuttavia ne ha comportato  il coinvolgimento, sia nello swap dei bond ellenici che in un piano d’aiuti, strutturato secondo più tranche e canali, come per i fondi a collaterale della Banca Centrale Europea o al settore privato (PSI)  per un totale di 179,6 miliardi di cui 107,9 già versati. La prognosi di una permanenza dello stato nell’area Euro è riservata fino alle prossime elezioni del 16 giugno.

Giugno 2012: lo Spainout, come è stato rinoniminato il programma di aiuto al sistema finanziario spagnolo, ha un valore di 100 miliardi di euro. All’indomani dello straordinario annuncio, la reazione di Fitch è stata di un taglio del rating di 16 banche del paese, a pochi giorni dal declassamento dello stand creditizio della nazione a BBB.  Il piano, diffuso durante il weekend non ha peraltro convinto i mercati.  L’Ibex 35, ossia l’indice delle blue chip madrilene, dopo aver aperto in gran spolvero ( quasi il 6% di rialzo) la settimana spinto dal settore creditizio, nella stessa giornata si è rimangiato tutti i guadagni andando a chiudere in ribasso dello 0,54%. Il monitor obbligazionario da’ poi ulteriore conferma della scarsa fiducia data al piano di salvataggio. Il rendimento a 10 anni del Bonos è infatti balzato dal 6,19% di venerdì 8 giugno al nuovo record dall’introduzione dell’Euro, ossia al 6,783% del 12 giugno.

Ma tutti questi piani di salvataggio tramite l’EFSF quanto ci costano? Lo statuto dell’Europe Financial Stability Facility afferma come lo scopo dell’attività sia quello di “salvaguardare la stabilità finanziaria dell’Europa fornendo un aiuto finanziario agli stati membri dell’area Euro” attraverso l’emissione di obbligazioni o altri strumenti di debito il cui capitale è garantito solidalmente dagli stati membri.  Ne consegue che più aumentano i piani di salvataggio, meno saranno gli stati a garantire solidalmente per le emissioni obbligazionarie necessarie al piano di aiuti, creando così un ulteriore fardello per i membri già in sofferenza. Un ragionamento così lineare e facile da creare un vero e proprio sell-off sul listino azionario italiano, fortemente banco-centrico, fanalino di coda nelle due sedute successive all’annuncio del piano di salvataggio delle banche spagnole.  Se l’Italia viene già implicitamente data come la prossima candidata ad una richiesta di aiuti, il rischio di creare un circolo vizioso in cui a fare da garante si troveranno unicamente gli stati per i quali tale esposizione rileva un minor costo opportunità, come la Germania, non è da sottovalutare. Se infatti da un lato lo spread Bund-BTP è salito in poche ore da 443,05 bp a 472,91 bp, benché il bund teutonico rimanga il bene rifugio e l’euro abbia ripreso quota 1,25, la Merkel ha di che preoccuparsi, come dimostra la sua persistente opposizione agli Eurobond.  Vero è che lo strano meccanismo previsto dall’EFSF vede, in caso di intervento al sistema creditizio e non all’intera economia del paese, la permanenza dell’obbligo di garante per lo stesso ricevente i fondi. Nel bailout spagnolo quindi, per mezzo del FROB (Fondo de Restructuraction Ordenada Bancaria), garantito dallo stato, questo dovrebbe mantenere la quota di garanzia del 12,75% prevista. Percentuale che passerà all’11,9037% con l’introduzione dell’ESM. Passando da acronimo ad acronimo infatti, a partire dal prossimo luglio l’EFSF, insieme all’EFSM, dovrebbe essere sostituito dal European Stability Mechanism, un fondo di salvataggio dalla medesima operatività dei due organismi precedenti, in cui il peso di ciascun garante è dato dalla  rispettiva quota di capitale della BCE. In questo caso anche Grecia, Irlanda e Portogallo torneranno ad essere garanti, tuttavia sarà imprescindibile l’intervento dell’ESM senza l’applicazione di rigide e severe regole di governo, come invece è stato nel caso della Spagna, per il quale, sotto richiesta dello stesso governo, non state applicate ulteriori misure restrittive al piano di austerity già in corso.  Con giugno quindi non solo si entra a pieno titolo nella stagione estiva, ma le elezioni greche e l’incontro tra i vertici dell’Eurogruppo del 21 giugno a Roma, in cui sarà formalizzata la richiesta d’aiuto spagnola, contribuiranno a rendere l’atmosfera ancora più calda. Vediamo allora nel panorama dei certificati, tra nuove e vecchie proposte con quali certificati è possibile districarsi nel dedalo europeo.

BENCHMARK SU EUROSTOXX 50 VOLATILITY-SHORT TERM FUTURES TR INDEX

Vendita e volatilità vanno a braccetto. Le correzioni sui listini azionari si accompagnano infatti ad un aumento del rischio di un ulteriore ribasso e quindi ad un incremento del valore della volatilità implicita nelle opzioni scambiate sui mercati regolamentati. Sono sempre più numerosi gli investitori che all’interno delle proprie strategie di copertura del portafoglio inseriscono uno strumento in grado di replicare la variazione della volatilità. Con tale scopo è stato ideato il certificato Benchmark di Barclays sull’indice Eurostoxx 50 Volatility Short Term Futures Index. Il certificato, quotato sul Sedex con codice isin DE000BC2KZY6, permette di replicare linearmente la performance del VSTOXX Short-Term Futures TR. La congiuntura negativa dei listini europei, accompagnata dai timori di un crollo dell’Eurozona, ha prodotto una performance del certificato a un anno del 26,15%, a fronte di ribasso complessivo dell’indice di riferimento pari al 21,73%.

EXPRESS AUTOCALLABLE SU INTESA SAN PAOLO SPA E UNICREDIT SPA

Sfruttando la volatilità sull’ottovolante per il settore bancario, l’ultima proposta di Deutsche Bank, un Express scritto su un paniere composto da Intesa Sanpaolo e da Unicredit, in collocamento fino al 15 giugno, si caratterizza per un upside complessivo che sfiora di poco la tripla cifra. Rilevato il valore iniziale dei due sottostanti come prezzo di chiusura del prossimo 19 giugno, alla scadenza fissata per i due anni successivi,  il 19 giugno 2014, se entrambi gli indici avranno un prezzo di chiusura non inferiore allo strike, il certificato rimborserà 1960  euro ogni 1000 di nominale, per un rendimento annuale pari al 48%  Qualora almeno uno dei due sottostanti non abbia soddisfatto la condizione trigger ma non abbia perso oltre il 40% rispetto al valore iniziale, alla scadenza sarà comunque garantito il rimborso dell’intero nominale. Basterà tuttavia la violazione da parte di una delle due stock bancarie della soglia invalidante, affinché il certificato perda ogni sua opzione aggiuntiva e replichi linearmente la performance più debole. Oltre allo scenario a scadenza come intuibile dal nome commerciale, l’Express prevede tre opzioni per l’estinzione anticipata con cadenza semestrale. Il  premio riconosciuto qualora in uno degli appuntamenti entrambi i sottostanti verificheranno l’evento trigger è pari al 24% ogni sei mesi, con prima data di rilevazione fissata al prossimo 19 dicembre.