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Abbiamo intervistato Giovanni Carlucci di Banca IMI, per osservare dal punto di vista di un’emittente l’attuale crisi del settore bancario e finanziario

Per questo ultimo appuntamento dell’anno del Punto Tecnico, abbiamo incontrato Giovanni Carlucci, del team di strutturazione di Capital Markets – Retail Hub di Banca IMI, per cercare di capire come l’attuale fase di mercato stia incidendo sui certificati di investimento quotati e su quelli di nuova emissione, come siano mutate alcune importanti variabili chiave che portano alla realizzazione di nuove proposte legate anche al mercato dei Credit Default Swap e quale iter segue un certificato a capitale protetto in caso di default dell’emittente.

 D. In quest’ultimo periodo, per effetto del clima di profonda sfiducia verso i Titoli di Stato e il settore bancario europeo, abbiamo assistito ad un netto aumento dei rendimenti dei certificati a capitale protetto, chiamati “sotto 100”. Il rischio emittente rappresenta una variabile importante nel pricing dei prodotti strutturati. L’esposizione al rischio default dell’emittente in un certificato a capitale protetto, costruito sinteticamente, è la medesima di un’obbligazione strutturata dello stesso emittente con pari maturity?

R. Sostanzialmente sì, in quanto il rimborso di un certificate, in caso di default dell’emittente, avviene con pari priorità (pari passu) rispetto a quello delle obbligazioni ordinarie (senior).

 D. Proprio in questi giorni avete proposto i primi Credit Linked certificate. Ci può dire qualcosa su questi strumenti?

R. Si tratta di certificate al momento scarsamente diffusi nel panorama italiano ma con un grosso potenziale in quanto permettono agli investitori retail e private di accedere indirettamente ad una asset class sostanzialmente nuova per tale segmento di clientela, e cioè il mercato dei credit default swap (CDS). Con questo certificate l’investitore, oltre al rischio emittente, assume il rischio default di una specifica società (in gergo vende protezione su una determinata reference entity) in cambio però di premi annui che lo compensano per i due rischi assunti (emittente e reference entity); il payoff dello strumento è quindi di tipo digitale al verificarsi di eventi di credito (bancarotta, mancato pagamento interessi o ristrutturazione del debito) sulla reference entity.Attualmente abbiamo destinato questa nuova tipologia di certificate alla nostra rete di private banking con un taglio minimo pari a 50,000 €; abbiamo inoltre deciso, in quanto strumento relativamente nuovo per questa clientela in Italia, di posizionarci su condizioni maggiormente tutelanti per l’investitore allontanandoci da quelli che sono i parametri standard del mercato dei CDS; in particolare abbiamo previsto che, in caso di evento di credito, il payoff finale (recovery) sia già prefissato e pari al 60% dell’investimento iniziale: questo al fine di dare certezza di che cosa succede all’investimento nello scenario negativo (lo standard del mercato CDS prevede che il recovery sia pari a quello effettivamente recuperato dalla procedura fallimentare e tipicamente ben al di sotto del 60% del nominale iniziale). Inoltre abbiamo ridotto il perimetro su cui verificare l’esistenza o meno di un evento di credito: se lo standard del mercato CDS prevede che debba essere il “borrowed money” (obbligazioni, prestiti e in generale qualunque forma di denaro preso a prestito), nei nostri credit linked certificate, affinché si scateni la modifica peggiorativa del payoff, l’evento di credito deve verificarsi su una ben specifica emissione obbligazionaria della reference entity (scelta tra quelle più grosse e tra quelle considerate benchmark). Sono tutti accorgimenti volti a tutelare maggiormente gli investitori di questi nuovi certificate.Infine, la reazione della clientela a questi strumenti è stata positiva: siamo partiti con questa novità da circa due mesi e Intesa Sanpaolo Private Banking ha collocato tre credit linked certificate (con reference entity Enel, Eni e Atlantia) per un ammontare complessivo pari a circa 250 milioni di euro.

 D. Il nervosismo che perdura sui mercati azionari da oltre quattro mesi, ha portato nuovamente la volatilità dei principali sottostanti sui livelli massimi di periodo, rendendo nuovamente cheap le opzioni esotiche (knock-out), le principali responsabili dei payoff asimmetrici. Eppure sono poche, in confronto al passato, le emissioni dotate di barriere molto profonde e bonus di rendimento a doppia cifra. Sebbene le preferenze degli investitori siano cambiate, in linea con le finalità di questa rubrica, può fornici qualche spiegazione più tecnica?

 R. Ci sono più spiegazioni alla domanda. Da una parte la volatilità implicita e lo skew sono a livelli elevati (anche se neanche lontanamente vicini ai massimi raggiunti nei mesi successivi al fallimento di Lehman) e queste due componenti rendono di valore le put down&in implicitamente vendute dall’investitore in alcuni certificate con barriera; dall’altra parte è in atto un grosso repricing al ribasso lato dividendi stimati e utilizzati nel pricing e quest’ultimo fattore tende a rendere meno di valore le put down&in vendute; l’insieme di questi due fattori tende quindi in questo momento a controbilanciarsi. Un’altra spiegazione al fenomeno, che però riguarda un po’ tutte le strutture equity linked, è di tipo psicologico e cioè che il mercato italiano retail e private risulta ancora essere prociclico: si tende ad investire in una asset class quando questa è in crescita da anni e a dimenticarla quando questa risulta cheap o, come oggi in alcuni settori italiani, estremamente cheap. Non dimentichiamo inoltre che nei mesi passati alcune barriere inizialmente molto out-of-the-money sono state raggiunte generando potenzialmente grosse perdite per l’investitore; questo ha fatto sì che questi prodotti legati ad eventi azionari  poco probabili (ma non impossibili come ci ha insegnato la storia recente) siano stati messi temporaneamente “in quarantena”.

 D. Nel corso del 2011 sono molte le strutture inedite che abbiamo visto sbarcare al Sedex e al Cert-X. Qualche nuovo payoff è allo studio dal vostro team?

R. Come innovazione di payoff, desideriamo continuare a puntare sui credit linked certificate allargando notevolmente la gamma dei sottostanti anche a nomi bancari e corporate europei. Abbiamo anche allo studio l’emissione di un credit linked certificate che abbia come reference entity la repubblica italiana. Su altre asset class stiamo cercando di rivitalizzare la gamma equity linked puntando su payoff che prevedano premi digitali annui con memoria e protezione del premio iniziale investito e che tengano conto delle esigenze di semplicità e immediatezza oggi richieste dalla nostra clientela retail. Vogliamo inoltre riprendere il discorso dei certificate su tassi di cambio, dopo le emissioni di maggio e giugno di questo anno, in quanto riteniamo che in questo momento alcuni tassi di cambio abbiamo delle storie  interessanti da raccontare: EURCHF in versione apprezzamento dell’euro per il livello minimo di 1.20 attualmente “garantito” dalla banca centrale svizzera ed EURJPY in versione apprezzamento dell’euro in quanto attualmente ai minimi storici.