La resa dei conti secondo S&P

Raffica di revisioni negative sulle prospettive di banche e governi. Tra questi c’è anche il Belpaese

Inattesa ma non troppo, è giunta nella giornata di sabato la notizia che l’agenzia di rating Standard&Poor’s ha deciso di rivedere al ribasso, portandolo da “stabile” a “negativo”, l’outlook dell’Italia pur confermando il rating A+ sul debito. Le motivazioni riportate dal documento ufficiale redatto dall’agenzia affermano che “le attuali prospettive di crescita sono deboli e l’impegno politico per riforme che aumentino la produttività sembra incerto” e che “il potenziale ingorgo politico potrebbe contribuire ad un rilassamento nella gestione del debito pubblico. Come risultato, crediamo che le prospettive dell’Italia per ridurre il debito pubblico siano diminuite”. La reazione del Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, non si è fatta attendere: “ abbiamo tenuto e ci sono tutte le basi per continuare a tenere. Il lavoro di questi anni non è stato solo un esercizio contabile, ma la tenuta del risparmio delle famiglie, della coesione sociale e dei finanziamenti a imprese e famiglie. E questo continuerà ad essere il lavoro dei prossimi anni”. Secondo Tremonti, “la crisi sta passando, ma le cause sono ancora presenti. Sull’economia reale incombe ancora una massa indefinita di finanza che può determinare gli stessi effetti che ci sono stati nella crisi”. La scure dell’agenzia di rating internazionale che si è abbattuta a mercati chiusi ha avuto i suoi riflessi alla riapertura di Piazza Affari, proprio nella giornata in cui era in programma lo stacco dei dividendi di ben 64 società quotate, di cui la metà circa incluse nel paniere delle blue chip. Al termine del D-Day il bilancio per la piazza milanese è stato profondamente negativo, -3,32%, ma va detto che considerando la chiusura in rosso dell’1,66% del contratto future con scadenza giugno, su cui non ha pesato lo stacco cedole, si ottiene la misura dell’impatto reale provocato dalla decisione di S&P. A questo punto c’è realmente da preoccuparsi per il futuro della nostra economia e, di riflesso, per l’andamento del principale indice di riferimento di Piazza Affari? Innanzitutto va specificato che la revisione dell’outlook non comporta un automatico taglio del rating; le agenzie, infatti, periodicamente mettono sotto osservazione società e governi al fine di verificarne lo stato di salute e l’outlook rappresenta il termometro delle prospettive. Un credit watch negativo implica solamente che entro i 24 mesi successivi esiste una probabilità su tre che anche il rating possa essere rivisto al ribasso, un’eventualità che ha fatto balzare i contratti di assicurazione contro il default ( Credit Default Swap) di circa 10 bp, pari al 6% circa, al livello di 169 bp e crescere i rendimenti sui Titoli di Stato con durata biennale. Riferendosi ai Credit Default Swap, va tuttavia sottolineato come i 170 punti sfiorati nella giornata di lunedì 23 siano molto lontani dal record assoluto toccato il 30 novembre 2010 a 268 bp, allorché il Vecchio Continente vide per la prima volta materializzarsi il rischio di default di uno stato membro e farsi sempre più minacciosa la crisi sistemica. Preoccupazioni che per certi versi sono tornate di estrema attualità proprio negli ultimi giorni, con i rendimenti dei Titoli di Stato greci che hanno superato il livello record del 25% sul biennale e tutti i principali contratti di assicurazione contro il default dei Paesi periferici nuovamente in tensione, per effetto del peggioramento dei conti in Grecia e Portogallo. Se poi si guarda alla curva dei rendimenti, nonostante il rialzo seguito all’annuncio di S&P, i Titoli di Stato italiani offrono yield di gran lunga inferiori a quelli della Grecia, che come detto sta raggiungendo vette inesplorate ed è ad oggi ritenuta molto più rischiosa a breve che a lungo ( la condizione in cui versano gli emittenti ritenuti ormai formalmente insolventi ), dell’Irlanda e Portogallo ma anche della Spagna stessa. Dalla lettura dei CDS e della curva dei rendimenti governativi, pertanto, la risposta alla domanda se è necessario preoccuparsi è fornita direttamente dal mercato, che come visto ritiene la situazione dell’Italia ancora sotto controllo.

SPUNTI OPERATIVI

Per chi ritenesse probabile per l’indice azionario di Piazza Affari uno scenario caratterizzato da moderate oscillazioni nei prossimi mesi, da inserire in watchlist è l’Express di Unicredit negoziato sul Cert-X dal 16 novembre 2011 con codice Isin DE000HV78AW6. Rilevato lo strike a 20684,36 punti, il certificato rimborserà 122 euro a scadenza, prevista per il 17 settembre 2012 se il valore del FTSE Mib sarà superiore a quello iniziale. E’ tuttavia prevista una data di rilevazione intermedia per l’estinzione anticipata , il prossimo 19 settembre, in occasione della quale se l’indice italiano sarà superiore allo strike, è previsto il rimborso del nominale con un premio pari a 11 euro. Entrando nel dettaglio della prossima rilevazione, dato un prezzo di 102,34 euro e un valore indice di 20654 punti, se il FTSE Mib riuscirà a recuperare soli 30 punti nei prossimi cinque mesi, un eventuale acquisto in lettera darebbe vita a un rendimento dell’8,46%%, pari ad oltre il 26% annualizzato.

Se fosse disattesa la prossima data, la scadenza sarebbe l’unico scenario disponibile.

Il relativo payoff prevede tre possibili esiti. La variazione positiva dell’indice dallo strike iniziale sarà liquidata con un premio del 22% rispetto al nominale, determinando così un rendimento annualizzato, rispetto alla quotazione corrente del certificato, pari al 14,37%.  Per una variazione negativa, contenuta entro il 30% dello strike, ovvero fino a un valore dell’indice di 14479,052 punti, sarà garantito il rimborso del capitale, con una perdita a scadenza del 2,29% sui 102,34 euro dell’attuale quotazione. Per ribassi superiori, il certificato perderà infine tutta la struttura opzionale replicando linearmente la performance negativa del sottostante.

Se il buffer da barriera di circa il 30% ed il livello prossimo ai minimi di marzo 2009,  suggeriscono buone prospettive di rimborso a scadenza, sono comunque  da tenere in considerazione la volatilità e i dividendi dell’indice, soprattutto in un’ottica di rimborso anticipato, dal momento che vi è associato il rendimento annualizzato più alto. Per quanto riguarda la volatilità, con un valore pari al 20,06%, questa è maggiore di circa due punti rispetto alla deviazione standard storica: questo dato suggerisce la percezione di una maggiore incertezza da parte del mercato a cui si associa generalmente un movimento laterale o al ribasso. Sul lato dei dividendi, superata la data di stacco del 23 maggio, si stima una perdita di 140 punti prima della prima data di osservazione.Tenendo conto di tali parametri è stato possibile calcolare la probabilità di rimborso nei diversi scenari. Partendo dalla data intermedia, tramite l’indicatore CED|Probability è stata calcolata una probabilità di estinzione anticipata pari al 62,19%. Date le premesse, ovvero uno spot superiore allo strike e la scadenza prossima, ci si sarebbe potuti attendere un risultato più rotondo ma va considerato che per la stima è stata utilizzata una volatilità implicita del 28%. Tale  valore, si specifica, è stato ricavato dalle opzioni quotate con scadenza pari a quella della rilevazione e strike pari a quello del certificato. In relazione allo scenario a scadenza , la probabilità di ottenere il premio è invece pari al 22,55% mentre la rottura della barriera, a fronte di un volatilità del 27,75% , si verificherebbe secondo le simulazioni solo nel 9,27% dei casi.

CREDIT DEFAULT SWAP , COSA SONO

I CDS fungono da assicurazioni contro il fallimento di un ente, uno stato o una società. In buona sostanza il CDS è un derivato creditizio mediante il quale una parte, detta protection seller, a fronte del pagamento di un premio, si obbliga ad eseguire un pagamento predeterminato a favore del compratore di protezione, al verificarsi dell’evento di deterioramento del profilo creditizio della società o ente su cui verte il contratto. Il CDS viene quindi usato allo scopo di assicurarsi contro il default di una banca emittente di un’obbligazione o di uno Stato sovrano e ha una durata generalmente di cinque anni. Pur trattandosi di contratti che prevedono l’esercizio solo al verificarsi dell’evento di default, i CDS vengono trattati su un apposito mercato e sono soggetti ad elevate speculazioni. In relazione al pricing, si tenga conto che alla formazione del prezzo concorrono quattro fattori principali, il premio all’emissione, il tasso di recovery, la curva dei tassi d’interesse e la curva del LIBOR, e uno di probabilità, dove per probabilità si intende la stima delle possibilità che si verifichi l’evento. Se non si verificassero mai eventi di insolvenza il prezzo di un CDS sarebbe semplicemente la sommatoria dei flussi di cassa scontati relativi al pagamento del premio. La fonte prezzi più utilizzata è quella del CMA DataVision di Londra, l’agenzia specializzata che sin dalla fine del 2001 si occupa di raccogliere, ordinare e pubblicare i prezzi a cui avvengono gli scambi sui mercati OTC.