I ritardatari tra gli Equity Protection

A quasi 18 mesi dalla pubblicazione del CJ 150, torniamo a parlare di Equity Protection a sconto. Le sorprese non mancano…

L’ Approfondimento del Certificate Journal numero 219 si apre con due mail giunte in redazione nell’ultimo mese. Alla prima domanda, inviata da un nostro lettore sorpreso e deluso dalla scarsa reattività del suo certificato a capitale protetto sul settore delle materie prime agricole, abbiamo già dedicato l’analisi del “segnalato da voi” del CJ 216, mentre alla seconda rispondiamo in questa sede proponendo una classifica stilata secondo i criteri utilizzati per la realizzazione del CJ 150 del 30 settembre 2009. Come testimoniano le due domande, scelte tra le tante che ci sono state rivolte in questi ultimi mesi sul tema dei certificati a capitale protetto restii a seguire il proprio sottostante, la questione dei cosiddetti ritardatari è molto sentita tra gli investitori.

Gentilissima redazione, ho recentemente acquistato un certificato a capitale protetto al 100% sui prodotti agricoli emesso da Banca Imi, codice Isin IT0004638240, fiducioso in un incremento di questo settore di commodities e difatti,  da quando ho fatto l’acquisto l’indice sottostante ha avuto un incremento superiore al 30% mentre il certificato quota ancora al di sotto del nominale. Lo strike del certificato è 62,032 mentre l’indice sottostante ad oggi quotava 87,18. Secondo i miei calcoli il certificato  a questi livelli  sta quotando con un sconto del 38%, di fatto non è molto lontano dal suo cap. Capisco che nei certificati la componente tempo è fondamentale ma uno sconto del 38% mi sembra eccessivo. A cosa è dovuta questa anomalia ad un  discorsi tecnici o ad una imperfezione del mercato?  

…vorrei acquistare dei certificati equity protection cap nell’ottica di diversificare e proteggere il mio portafoglio prevalentemente costituito da bonus certificates,  però mi piacerebbe poter scegliere tra i certificati a maggior sconto sull’importo teorico di rimborso a valori correnti in modo da avere anche una buona possibilità di incrementare il capitale investito; potete creare una selezione con una classifica dei migliori certificati a sconto come avete già fatto nel certificate journal n° 150 del settembre 2009. grazie.

Comprensibilmente, il lettore che aveva scommesso sul comparto delle commodity agricole ha oggi motivi validi per ritenersi insoddisfatto degli sterili progressi messi a segno dal suo certificato, soprattutto se si tiene conto che il sottostante su cui aveva scelto di puntare ha nel frattempo realizzato un vero e proprio rally. Nello stesso tempo, però, lo stesso lettore può  trovare nel certificato già in suo possesso una potenziale buy opportunity, ovvero un’opportunità per incrementare le proprie posizioni sfruttando il ritardo accumulato dallo strumento. Come spesso accade quando ci si trova a commentare tali situazioni, la medaglia ha due facce opposte: da una parte si cela il malcontento di chi il certificato ritardatario ce l’ha già in portafoglio, mentre dall’altra si legge la speranza di riuscire a trasformare il ritardo in un guadagno da parte di chi è alla ricerca di buone occasioni.

Prima di passare all’analisi delle singole situazioni, vale la pena ricordare a beneficio di quanti non hanno avuto finora modo e occasione di toccare con mano la problematica legata ai ritardi degli Equity Protection Cap, che il motivo per il quale un certificato a capitale protetto con Cap, che pure offre una partecipazione piena al rialzo del sottostante, non segue il titolo o indice a cui è legato, è sostanzialmente da ascrivere alla sua struttura opzionale. In particolare, è il ruolo e il peso del Cap ad esercitare un effetto zavorra su tali strumenti, riducendone la reattività ai movimenti del sottostante sia nel bene che nel male. Questi certificati, commercialmente noti con il nome di Equity Protection Cap o Borsa Protetta Cap, se il sottostante è in grado di mantenersi su certi livelli sono destinati, man mano che si avvicina la scadenza, a recuperare tutto il gap accumulato. Il tempo, quindi, è galantuomo e fa crescere il valore di questi certificati anche se il mercato non ha più la forza di salire. Il processo di riallineamento, tuttavia, avviene gradualmente e quindi occorre attendere il tempo necessario augurandosi che nel frattempo il sottostante non inneschi una brusca retromarcia. 

I RITARDATARI DEL CJ 150, 18 MESI DOPO

Per ottenere una conferma di quanto esposto, in merito all’apprezzamento dei ritardatari anche a fronte di un mancato progresso del sottostante, riprendiamo la tabella dei certificati pubblicata sul CJ 150 del 30 settembre 2009 per vedere come sono andate le cose in questi 18 mesi. Il certificato che offriva lo sconto maggiore rispetto al suo sottostante era l’Equity Protection Cap di Banca IMI sull’indice S&P 500, identificato da codice Isin IT0004458219. In particolare, il certificato presenta uno strike pari a 743,33 punti e alla scadenza del 22 febbraio 2013 rimborserà l’intero nominale di 100 euro se l’indice si troverà ad un livello pari o inferiore allo strike, mentre in caso di rialzo dell’indice, restituirà i 100 euro maggiorati dell’intera variazione percentuale positiva fino ad un importo massimo di rimborso di 138 euro. All’epoca dell’analisi pubblicata sul CJ 150 l’indice statunitense quotava 1050,78 punti mentre il certificato era offerto in lettera a 107,7 euro, in rialzo di soli 7 punti percentuali dall’emissione nonostante il sottostante avesse messo a segno un progresso di oltre il 40%. Tale discrepanza aveva creato i presupposti per cogliere l’opportunità di garantirsi fino alla scadenza un guadagno del 28,13% anche se l’indice fosse rimasto invariato. Trascorsi 524 giorni, tracciamo un bilancio per chi aveva scelto di puntare su tale strumento. Seguendo i dati esposti in tabella, si può notare come l’indice S&P 500 abbia continuato a crescere, apprezzandosi ulteriormente di ben 24 punti percentuali fino agli attuali 1310 punti, ma anche come il certificato abbia accelerato il proprio passo raggiungendo i 124,1 euro, in rialzo del 15,23% dall’ultima rilevazione.

Al secondo posto della speciale classifica dei ritardatari stilata a settembre 2009 si trovava un Equity Protection Cap, emesso ancora da Banca IMI proprio nel giorno del bottom di marzo. Lo strumento, avente codice Isin IT0004460603, ha per sottostante l’indice europeo Eurostoxx 50 e ha fissato lo strike all’invidiabile livello di 1817,24 punti ( a poche decine di punti dal minimo intraday ). Alla scadenza dell’8 marzo 2013 rimborserà un minimo di 100 euro e un massimo di 139 euro qualora il livello finale dell’indice sarà pari o superiore a 2525,96 punti.  Anche in questo caso la presenza del Cap e la lunga durata avevano contribuito a zavorrare le sue quotazioni, dal momento che a fronte di un rialzo dell’indice pari al 55% lo strumento era in progresso solamente del 10,65%. Capace di garantire uno sconto rispetto al teorico rimborso di 25 punti percentuali, l’Equity Protection Cap  è stato in grado in questi 18 mesi di migliorare la performance dell’indice europeo, attestandosi negli ultimi giorni al di sopra dei 119,35 euro, in rialzo del 7,38%, nonostante l’Eurostoxx 50 sia cresciuto del 3,07%.

Scorrendo la classifica, fino ad arrivare all’ultimo dei certificati in tabella, l’applicazione pratica del riallineamento sostenuto in precedenza anche a fronte di una variazione nulla del sottostante la si ottiene osservando l’andamento dell’Equity Protection Cap sull’indice cinese Hang Seng China, emesso da Banca IMI e recentemente giunto alla scadenza. Il certificato, a settembre 2009 quotava 109,7 euro, con uno sconto del 9,94% sul teorico rimborso a scadenza di 120,60 euro; l’indice sottostante in quel momento era ad un livello di 12056 punti e pertanto sarebbe stato sufficiente lo stesso valore a scadenza per garantire all’investitore la trasformazione dello sconto in un guadagno. Giunti alla scadenza del 28 febbraio scorso, l’indice è stato rilevato a 12228 punti, in rialzo dell’1,46% dall’osservazione del 2009, e questo ha consentito allo strumento di essere rimborsato al valore di 122,32 euro: ciò ha permesso, quindi, non solo di tramutare lo sconto in una plusvalenza, ma anche di incrementarne l’entità fino a sfiorare il massimo importo di rendimento, fissato a 125 euro.

Prima di passare all’analisi dei ritardatari attuali, un’ultima considerazione va fatta in relazione alla tenuta dell’Equity Protection Cap di BNP Paribas sul titolo Intesa Sanpaolo ( Isin NL0009098136 ). A dimostrazione che lo sconto non comporta necessariamente un guadagno, ma che al contrario può essere funzionale a garantire all’investimento un’ampia rete di protezione in caso di cadute del sottostante, questo certificato che all’epoca si presentava con uno sconto rispetto al teorico di oltre il 15%, in 18 mesi è riuscito a limitare al 2,60% il passivo nonostante il titolo bancario su cui è scritto abbia accusato una flessione del 20%.

I MAGGIORI RITARDATARI DI OGGI

Vediamo a questo punto quali sono le migliori situazioni a sconto rispetto al teorico rimborso a scadenza, scorrendo la lista dei maggiori ritardatari tra tutti gli Equity Protection quotati sul Sedex di Borsa Italiana e sul Cert-X di EuroTLX. L’analisi è stata condotta solo sui certificati su indici e titoli , escludendo quindi tutti quelli che prevedono un multi sottostante ( basket di indici o titoli). Il fine primario dell’analisi è quello di misurare l’attuale rapporto rischio beneficio di ciascuno di questi certificati. In particolare, la classifica è stata stilata prendendo come punto di partenza lo sconto percentuale dalle quotazioni correnti di mercato al teorico importo di rimborso. In pratica, proprio chi è rimasto più indietro fino a questo momento sarà nei primi posti della classifica delle migliori opportunità a sconto. E’ bene precisare che lo sconto non deve intendersi come un rendimento minimo ( cosa che invece avviene con i sotto cento ) o in alcun modo come un guadagno facilmente materializzabile. Si tratta molto semplicemente di un margine di apprezzamento fisiologico che il certificato è destinato a subire per effetto del trascorrere del tempo. Si deve quindi leggere la colonna “ sconto “ come la remunerazione del passare del tempo fermo restando che il sottostante si trovi a scadenza al medesimo valore attuale. Infatti, se il sottostante scenderà, lo sconto si assottiglierà fino ad annullarsi e, per i casi in cui la quotazione di mercato è superiore al livello protetto, sarà possibile subire anche una perdita. Viceversa, se il sottostante salirà ulteriormente, il guadagno aumenterà fino all’importo massimo dato dal Cap, ove previsto. Si può quindi dire che già a priori è possibile stimare la massima perdita e il massimo guadagno a scadenza.

Al primo posto di questo speciale elenco figura un Equity Protetion Cap di Banca IMI sul titolo Eni, con scadenza fissata all’8 ottobre 2015. Il certificato, attualmente quotato in lettera a 90,25 euro, se scadesse oggi rimborserebbe 110,39 euro per effetto del rialzo messo a segno dal Cane a sei zampe dallo strike posto a 16,17 euro. Strutturato per garantire il rimborso del nominale a scadenza, l’EP Cap di Banca IMI è pertanto offerto con un potenziale sconto del 22,32% sul teorico rimborso alla data di esercizio. Tuttavia, al fine di non trascurare l’impatto esercitato dai dividendi sulla quotazione del sottostante, considerando i dividendi stimati fino alla scadenza si ha che tale sconto si ridurrebbe al 10,80%. In ogni caso, è bene sottolineare che qualsiasi sia il valore di Eni alla data di valutazione finale, in virtù della protezione del nominale è proprio quantificabile al 10,80% il minimo rendimento conseguibile, ossia al 2,32% annualizzato.

Al secondo posto, con uno sconto del 12,27% sul teorico rimborso al lordo dei dividendi e del 2,53% su quello al netto dei dividendi stimati fino alla scadenza del 30 marzo 2015, si incontra un Equity Protection Quanto di BNP Paribas sull’indice americano S&P 500. Il certificato, avente strike pari a 1169,43 punti, rimborserà alla scadenza un ammontare minimo di 100 euro qualora l’indice si attesti al di sotto dello strike; viceversa, per qualsiasi valore superiore, ne rifletterà il rialzo con una partecipazione del 70% senza alcun tetto al rimborso massimo.

Sul terzo gradino del podio, con uno sconto lordo dell’11,88% e netto dei dividendi stimati pari al 4,76%, si attesta un Equity Protection Cap di Banca IMI sull’indice Eurostoxx 50. Con uno strike pari a 2726,45 punti, il certificato è in grado di partecipare linearmente alle variazioni positive del sottostante fino ad un rimborso massimo di 163 euro. Data la lontananza del Cap, tale strumento è pertanto in grado di riflettere appieno le eventuali forti escursioni rialziste dell’indice, sebbene la scadenza sia fissata al 2 febbraio 2016. Proprio alla lunga durata residua è riconducibile il ritardo fin qui accumulato dallo strumento, che a fronte di un rialzo del 6,8% dell’indice sottostante è ancora fermo al di sotto del nominale protetto. Attenzione tuttavia ai dividendi, che per i prossimi 5 anni comportano una riduzione di valore dell’indice delle blue chip europee stimata in circa 647 punti.

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